sabato 20 agosto 2016

Nessuna tregua in Siria, missili russi dal Mediterraneo

La nave russa Kalibr da cui partono missili contro la Siria © EPA

Aleppo ancora sotto le bombe e Assad attacca anche i curdi

Il giorno dopo essersi detta disponibile a negoziare un cessate il fuoco di 48 ore ad Aleppo, la Russia aumenta la sua potenza di fuoco lanciando missili da crociera dalle sue navi nel Mediterraneo che colpiscono anche la città nel nord della Siria. Un'ulteriore escalation dopo i raid compiuti per tre giorni consecutivi dai bombardieri a lungo raggio decollati da una base iraniana. Il complicato mosaico del conflitto civile vede nel frattempo l'apertura a sorpresa di un nuovo fronte, con l'allargarsi degli scontri nella regione nord-orientale di Hasaka tra milizie siriane lealiste e quelle curde dell'Ypg che negli ultimi mesi, con l'appoggio aereo della Coalizione internazionale a guida Usa, hanno riportato i più importanti successi sul terreno contro l'Isis. Per il secondo giorno consecutivo fonti curde hanno denunciato bombardamenti compiuti dai governativi sulla città e nei dintorni. L'Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus) parla di 16 civili uccisi, mentre molti altri stanno fuggendo dal centro abitato. Ma il sito curdo-iracheno Rudaw fornisce un bilancio di "15 uccisi tra civili e miliziani dell'Ypg".            Mosca intanto risponde all'ondata emotiva scatenata nel mondo dalle immagini del piccolo Omran, di 5 anni, appena estratto dalle macerie dopo un bombardamento, affermando che i suoi aerei non hanno colpito il quartiere residenziale di Qaterji, ad Aleppo, dove secondo gli attivisti dell'opposizione è stato girato il video. "Abbiamo giù più volte sottolineato - ha dichiarato il generale Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa di Mosca - che gli aerei militari russi impiegati nell'operazione in Siria non attaccano mai bersagli che si trovano in zone abitate dai civili. Ciò riguarda in particolar modo la zona di al Qaterji di Aleppo menzionata dai mass media occidentali".
Per quanto riguarda i bombardamenti di oggi, Mosca afferma che le sue navi hanno lanciato tre missili da crociera Kalibr contro obiettivi nella provincia di Aleppo del Fronte Al Nusra, l'organizzazione ex qaedista che recentemente ha cambiato il proprio nome in Fronte Fatah Al Sham. "I missili - sottolinea il ministero della Difesa russo - hanno percorso il tragitto su aree deserte per assicurare la sicurezza dei civili". Mosca aveva già colpito obiettivi in Siria con missili lanciati dalle sue navi a partire dall'autunno scorso: prima con vettori partiti dalla flotta nel Mar Caspio e poi da un sottomarino nel Mediterraneo. Bombardamenti sono intanto segnalati dall'Ondus oggi in varie località del Paese controllate dagli insorti, dalla città di Idlib, nel nord-ovest, fino a Daraya, alle porte di Damasco.
Ma i raid degli ultimi due giorni contro le forze curde a Hasaka aprono diversi interrogativi su un possibile cambio di strategia di Damasco, che negli oltre cinque anni del conflitto aveva evitato di prendere di mira direttamente le milizie dell'Ypg. Queste ultime, a loro volta, si sono finora astenute dallo sfidare l'autorità del governo centrale, limitandosi a difendere le regioni nel nord e nel nord-est del Paese, in particolare contro l'Isis. La settimana scorsa avevano anche strappato allo Stato islamico dopo una offensiva di dieci settimane la città di Manbij. L'Ypg, considerato un alleato dei curdi separatisti turchi del Pkk, è visto da Ankara come il nemico più pericoloso alle proprie frontiere e diversi osservatori si chiedono se l'attacco dei governativi siriani sia una conseguenza diretta del riavvicinamento messo in atto nelle ultime settimane dalla diplomazia turca alla Russia e all'Iran, principali alleati del regime siriano.
FONTE: ansa.it

venerdì 12 agosto 2016

Crimea, la Russia schiera i micidiali missili antiaerei S-400

Crimea, la Russia schiera i micidiali missili antiaerei S-400
Per le tensioni alla frontiera con la penisola scambi di accuse continui tra il Cremlino e Kiev continuati nella riunione di ieri all'Onu. Il premier russo Medvedev: "Senza soluzioni, romperemo relazioni". In due anni e mezzo la guerra tra Ucraina e separatisti filo-russi ha fatto oltre 9000 morti

La Russia ha posizionato in Crimea batterie dei nuovi missili S-400 'Triumf'. Lo ha riferito il ministero della Difesa. Si tratta di un sistema moderno e avanzato rispetto agli S-300, il cui spiegamento era già stato annunciato a metà di luglio scorso dal capo di Stato maggiore Evgenij Oleynikov e rappresentano la punta più alta dei sistemi di difesa terra-aria russi. Gli S-400 sono nati per proteggere aree di importanza strategica. Ogni batteria può attaccare più di una mezza dozzina di obiettivi simultaneamente: secondo Mosca, questi missili possono intercettare ed abbattere i migliori bombardieri strategici e i caccia occidentali oltre ai velivoli stealth.

Lo spiegamento coincide con l'aumento del livello di tensione tra Kiev e Mosca sulla questione ancora aperta della penisola di Crimea annessa dalla Russia dopo il controverso referendum del 16 marzo 2014, che potrebbe portare il Cremlino, riferisce il sito Sputnik citando il quotidiano Izvestia, a chiudere la propria rappresentanza diplomatica in Ucraina e richiamare in patria lo staff.

La Russia, infatti, ha oggi fatto sapere che potrebbe rompere le relazioni diplomatiche con l'Ucraina in seguito alle crescenti tensioni sulla frontiera della Crimea. "Se non c'è altro modo per cambiare la situazione, il presidente Vladimir Putin potrebbe fare questo passo", ha detto il primo ministro Dmitry Medvedev parlando a Sochi (Mar Nero), dove sta partecipando alla riunione dei capi di governo dell'Unione economica eurasia.

Il nuovo strappo nelle già complesse relazioni tra Mosca e Kiev, si è avuto lo scorso 10 agosto, quando i servizi segreti russi Fsb hanno rivelato di aver sventato "attentati terroristici" organizzati dall'Ucraina allo scopo di "destabilizzare" la penisola in vista delle elezioni di settembre. Autore compiere degli attentati doveva essere Ridvan Sulemanov, l'uomo arrestato lo scorso 30 luglio mentre stava scattando fotografie all'aeroporto di Simferopoli. Secondo le autorità russe Sulemanov, reclutato dal servizio di intelligence del ministero della Difesa ucraino, ha detto che aveva scelto la stazione degli autobus e l'aeroporto della capitale della Crimea come i luoghi dove posizionare "quattro ordigni esplosivi". Il video della presunta confessione è stato diffuso dai servizi russi. Lo riporta l'agenzia Tass.

Ieri al palazzo di vetro delle Nazioni Unite si è tenuta una riunione urgente del Consiglio di sicurezza, che si è occupato della tensione crescente ai confini tre le due ex repubbliche dell'Unione sovietica. Ed è continuato, anche in quella sede, lo scambio di accuse tra Ucraina e Russia. Kiev teme un'offensiva di Mosca, che starebbe ammassando nuove truppe in Crimea. Per il Cremlino è invece l'Ucraina che tenta di destabilizzare la penisola sul Mar nero alla vigilia delle elezioni per la duma in calendario a settembre.

Il duello alle Nazioni unite segue quello a distanza tra i due presidenti Petro Poroshenko e Vladimir Putin, dopo che in Crimea all'inizio della settimana sarebbe stata sventata un'incursione da parte di sabotatori di Kiev, smentita da parte Ucraina. Il Cremlino ha addossato a Kiev la responsabilità di essere passata al "terrorismo", la Bankova - la presidenza ucraina - ha parlato di  accuse "ciniche e insensate".

L'ambasciatore ucraino alle Nazioni unite Volodimir Yelchenko ha sostenuto che la Russia ha ammassato oltre 40.000 soldati in Crimea e sarebbe pronta a un'invasione. "Questi numeri rispecchiano cattive intenzioni, è l'ultima cosa che vogliamo", ha detto Yelchenko. Il rappresentante russo Vitaly Churkin gli ha risposto che Kiev, "piuttosto che contare le nostre truppe", dovrebbe occuparsi di mettere fine alle provocazioni nel Donbass e rispettare gli accordi di Minsk. Per Churkin la seduta del Consiglio di sicurezza è stata "utile" ed è servita per chiarire la situazione che minaccia di degenerare dopo che l'Ucraina ha messo in allerta le truppe lungo il confine con la Crimea e la linea del fronte con le repubbliche separatiste e la Russia ha iniziato nuove esercitazioni militari sul Mar nero.

"Negli ultimi giorni non vediamo alcun aumento significativo dei combattimenti", ha replicato Oleksandr Motuzyanyk, portavoce dell'esercito di Kiev in un intervento televisivo. "Purtroppo il cessate il fuoco non è stato osservato da parte dei gruppi armati separatisti, ma il numero medio di bombardamenti è praticamente allo stesso livello".

Non è la prima volta che il conflitto ucraino si infiamma dopo il cambio di governo a Kiev e l'annessione della Crimea da parte russa. Da due anni e mezzo la guerra tra Ucraina e separatisti filo-russi va avanti a corrente alternata e il conto dei morti è arrivato a oltre 9000, gli ultimi proprio questa settimana tra la Crimea e il Donbass. Ad aumentare la tensione c'è stato anche l'episodio dell'autobomba che qualche giorno fa ha fatto quasi saltare in aria Igor Plotnitsky, leader filorusso della repubblica di Lugansk, ferendolo solo lievemente. Anche in questo caso reciproche accuse e speculazioni si sono scatenate a cavallo tra i due Paesi.

Oltre alla retorica e alla propaganda su entrambi i fronti ci sono però anche i tentativi per evitare che la polveriera esploda e sia da Mosca che da Kiev si punta sulla mediazione internazionale. Dal Cremlino si è avanzata l'ipotesi che il cosiddetto Quartetto normanno, con Putin, Poroshenko, Angela Merkel e Francois Hollande, possa riunirsi già a margine del prossimo G20 programmato all'inizio di settembre in Cina. Dalla Bankova, Poroshenko tenta inoltre di coinvolgere direttamente anche gli Stati Uniti, dopo che negli ultimi mesi il sostegno di Germania e Francia è apparso meno consistente.

L'ambasciatore americano a Kiev Geoffrey Pyatt, sulle accuse di incursioni ucraine in Crimea si è schierato subito dalla parte di Poroshenko, dicendo che "la Russia ha spesso accusato falsamente l'Ucraina per distogliere l'attenzione dalle proprie azioni illegali", ma è vero che nei mesi scorsi gruppi nazionalisti ucraini hanno preso di mira le infrastrutture delle Crimea con attacchi di stile terrorista.

Anche per quanto riguarda gli accordi di Minsk, le colpe della mancata implementazione sono da addebitare non solo agli 
indipendentisti filorussi, ma anche al governo Ucraino che non è riuscito ancora a risolvere il nodo del decentramento e delle riforme costituzionali. Il dialogo con i separatisti per lo svolgimento di elezioni secondo meccanismi condivisi nelle regioni occupate è sempre in stallo.




FONTE: repubblica.it

giovedì 21 luglio 2016

Pensioni, quattordicesima allargata Il bonus ad altri 2 milioni di persone

L’ipotesi del governo è alzare da 10 a 13 mila euro lordi l’anno il reddito massimo per avere diritto al beneficio. Ritocco in arrivo anche per la no tax area, da allineare a quella dei lavoratori dipendenti. Gl interventi saranno inseriti nella prossima Legge di Bilancio

Estendere la quattordicesima — l’assegno extra fino a 500 euro che viene pagato proprio a luglio — ad altri due milioni di pensionati a basso reddito. A livello tecnico gli incontri tra governo e sindacati sono ancora in corso ma sembra questo l’orientamento di Palazzo Chigi per il pacchetto da inserire nella prossima Legge di Bilancio. La quattordicesima esiste già. La incassano poco più di due milioni di persone: quelle con almeno 64 anni d’età e un reddito inferiore ai 10 mila euro lordi l’anno, per la precisione 9.786 euro e 86 centesimi. L’idea del governo è proprio di alzare l’asticella massima del reddito, portandola a 13 mila euro lordi l’anno. In questo modo, dall’anno prossimo, la quattordicesima sarebbe incassata da altri due milioni di pensionati. Il costo dell’operazione viene stimato in circa 800 milioni di euro l’anno. Un impegno considerato sostenibile anche se tutto dipende non solo dal resto delle misure sulle pensioni ma dall’intero mosaico della Legge di Bilancio da presentare dopo l’estate.

Il piano B

Ma c’è anche un piano B, meno costoso: aumentare non il numero delle persone che prendono la quattordicesima ma l’importo dell’assegno. Il calcolo è complesso perché la cifra precisa della quattordicesima dipende anche da quanti anni di contributi si hanno alle spalle. Ma con un aumento del 50%, che porterebbe le quattordicesime più ricche da 500 a 750 euro, sarebbe necessaria una copertura di circa 600 milioni di euro. L’ipotesi più probabile, però, è la prima. Per un motivo di politica economica: perché dare un assegno in più a chi prima non lo prendeva ha, rispetto a un semplice aumento dei trattamenti già in essere, maggiori probabilità di avere un effetto positivo sui consumi. Ma anche per un motivo di politica in senso stretto: ci sarebbero due milioni di beneficiari che si accorgerebbero di avere un’entrata in più e non un semplice ritocco. La controindicazione è che l’intervento sarebbe rivolto sì ai pensionati a basso reddito, ma a quelli un po’ «meno poveri» degli altri.

La no tax area

Anche per questo la quattordicesima allargata dovrebbe essere accompagnata da un altra misura sui pensionati, tagliata sulle fasce più deboli. E cioè l’innalzamento a 8.124 euro lordi l’anno della no tax area, la soglia al di sotto della quale non si pagano le tasse. Oggi il limite è di 7.750 euro per i pensionati al di sotto dei 75 anni e di 8 mila euro per gli over 75. Passando a 8.124 euro, arriverebbe allo stesso livello già previsto adesso per i lavoratori dipendenti. La misura ha il vantaggio di avere un costo abbastanza contenuto, intorno ai 260 milioni di euro l’anno. L’aumento della soglia, inoltre, farebbe salire l’assegno non solo di chi ha un reddito al di sotto degli 8.124 euro ma anche di chi prende di più: secondo le regole attuali l’esenzione totale riguarda la prima «parte» del reddito per tutti i contribuenti che arrivano fino a 55 mila euro lordi l’anno.

FONTE: corriere.it

domenica 10 luglio 2016

La generazione rebus dei giovani «Né né»

Giovani «né-né» che hanno abbandonato la scuola per darsi allo judo

Quelli che per le statistiche non lavorano e non studiano. Dalle Onlus alle ripetizioni ecco in che cosa sono impegnati



Ma cosa fanno veramente i Neet? Sono davvero solo dei forzati del divano oppure anche tra di loro passa una linea di ulteriore disuguaglianza? Una divisione che separa gli «esogeni», quelli che sono impegnati ogni giorno in un duro corpo a corpo con un mercato del lavoro che non vuole includerli, dagli «endogeni», gli scoraggiati che si sentono drammaticamente inadeguati e sono portati ad arretrare davanti a qualsiasi sfida? L'Italia ha il triste primato europeo dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in un corso di formazione. Parte di loro - un milione su 2,3 totali - compare alla voce «disoccupati» ed è disponibile dunque a iniziare un lavoro nelle successive due settimane. Sono 700 mila - sempre secondo le classificazioni statistiche - «le forze di lavoro potenziali», le persone che nelle ultime 4 settimane non hanno cercato lavoro ma sono mobilitabili a breve, infine ci sono gli «inattivi totali» che raggiungono quota 600 mila. Dietro questi ultimi c’è quasi sempre un percorso accidentato di studi con bocciature e interruzioni, un basso livello di autostima e una forte dipendenza dal contesto familiare di provenienza. Ma per calibrare gli interventi e non limitarsi a invocare misure miracolose è forse necessario capire da dentro il fenomeno Neet (in Italia «né né»), monitorare i loro comportamenti, le piccole mosse che maturano nel quotidiano, sapere come e dove passano la giornata. Il programma di Garanzia Giovani avrebbe dovuto servire anche a questo ma purtroppo non è stato così. Eppure una strategia d’attacco bisognerà darsela in tempi brevi perché non possiamo permetterci di bruciare quasi un’intera generazione. Un giorno qualcuno, legittimamente, ci chiederà dove eravamo quando il Paese della Bellezza dilapidava una quantità così rilevante di capitale umano.

Cosa fanno

In aiuto alla nostra ricognizione viene una delle poche ricerche («Ghost») su cosa fanno i Neet condotta nel 2015 da WeWorld, una Onlus impegnata nel secondo welfare. L’indagine è articolata su più campioni, integrata da interviste individuali a giovani tra i 15 e i 29 anni e ci conferma il peso delle condizioni di disuguaglianza a monte che determinano la caduta in una trappola. In più ci aiuta a focalizzare una porzione interessante dei Neet, i volontari. È chiaro che la scelta di fare volontariato (condivisa in Italia da un milione di coetanei, maschi e femmine alla pari) nasce come opzione di ripiego ma è pur sempre una scelta sorretta da un robusta rete valoriale e dall’incoraggiamento dei genitori che condividono/supportano. È un antidoto al sentirsi Neet e identifica una tribù di giovani che come dicono loro stessi «non si lascia andare» (vedi intervista 1). Anzi ha persino maturato un atteggiamento critico nei confronti degli altri giovani a cui rimprovera un atteggiamento passivo, «una mancanza di progettualità».

FONTE: Dario Di Vico (corriere.it)

lunedì 6 giugno 2016

Europa. Via libera a strimvelis per la terapia dell’ADA-SCID

GlaxoSmithKline (GSK), Fondazione Telethon (Telethon), l’IRCCS Ospedale San Raffaele (OSR) confermano l’autorizzazione da parte della Commissione Europea alla commercializzazione di strimvelis, la prima terapia genica ex vivo con cellule staminali per trattare i pazienti affetti da una rarissima malattia chiamata ADA-SCID (immunodeficienza severa combinata da deficit di adenosina-deaminasi). I bambini nati con l’ADA-SCID hanno un sistema immunitario fortemente compromesso che non è in grado di combattere le infezioni più comuni. Strimvelis è la prima terapia genica curativa per i bambini a ricevere l’approvazione regolatoria nel mondo ed è indicata per il trattamento di pazienti con ADA-SCID per i quali non è disponibile un donatore compatibile in base al sistemahuman leukocyte antigen (HLA) per il trapianto di cellule staminali. In Europa si stima che l’ADA-SCID colpisca ogni anno 15 bambini e, grazie all’approvazione ottenuta, tutti i malati per i quali è indicato il trattamento potranno ricevere la terapia genica presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Martin Andrews, direttore dell’Unità per le malattie rare di GSK ha dichiarato: “L’approvazione è il risultato di molti anni di lavoro con i nostri partner a Milano ed è il prossimo passo per offrire un trattamento in grado di cambiare l’esistenza dei pazienti affetti da ADA-SCID e delle loro famiglie. E’ l’inizio di un nuovo capitolo nel trattamento delle malattie genetiche rare e speriamo che questo approccio terapeutico possa essere usato domani per aiutare pazienti con altre patologie rare”. L’autorizzazione all’immissione in commercio si basa sui dati relativi a 18 bambini trattati con Strimvelis. A tre anni dal trattamento è stato registrato un tasso di sopravvivenza pari al 100% per tutti i 12 bambini arruolati nello studio clinico. Inoltre, lo stesso tasso di sopravvivenza del 100% è stato riscontrato in tutti i 18 bambini trattati e referenziati nella domanda di registrazione, la cui salute è stata monitorata per una durata di circa 7 anni. I risultati completi dell’analisi sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica ‘BLOOD’. Il professor Alessandro Aiuti, coordinatore dell’area clinica dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget), ha dichiarato: “Siamo felicissimi di questa notizia, risultato di oltre 20 anni di ricerca e sviluppo al SR-Tiget. Questo approccio terapeutico innovativo e personalizzato impiega le stesse cellule staminali del paziente con il gene modificato per correggere la malattia alla radice. È stato gratificante per tutti noi vedere i pazienti colpiti da questa grave immunodeficienza crescere negli anni, poter giocare con gli altri bambini e andare a scuola. Lavorando fianco a fianco con GSK possiamo ora mettere a disposizione Strimvelis per tutti i pazienti con ADA-SCID e trasformare le esistenze dei bambini che hanno un disperato bisogno di questa terapia”.
Nicola Bedin, amministratore delegato dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, ha commentato: “Questo importante risultato è stato possibile grazie all’efficace collaborazione tra IRCCS Ospedale San Raffaele, Fondazione Telethon e GSK, collaborazione che ha consentito di coniugare anni di ricerca scientifica, pratica clinica di altissimo livello e competenza nello sviluppo della terapia. Continueremo a lavorare perché questa alleanza porti a sviluppare e rendere disponibili nuove cure a beneficio dei pazienti con malattie rare”. Il successo di questo lavoro è stato reso possibile dagli sforzi di numerosi clinici e ricercatori che si sono impegnati per diversi anni, tra cui la professoressa Maria Grazia Roncarolo, che diede vita all’ Unità di Ricerca Clinica Pediatrica del SR-Tiget, e il professor Fabio Ciceri, primario di Oncoematologia e Trapianto di Midollo Osseo dell’Ospedale San Raffaele.

FONTE: Elisa De Donno )liberoquotidiano.it)

lunedì 30 maggio 2016

Iraq, forze irachene entrano a Falluja. L'Isis oppone resistenza. Nuovi attentati a Baghdad

Le forze irachene sono entrate a Falluja, la roccaforte dell'Isis vicino a Baghdad, nel tentativo di riconquistare la città: lo scrive il quotidiano britannico The Guardian. Un portavoce del servizio anti terrorismo ha detto che le truppe sono entrate da tre direzioni e stanno incontrando resistenza. Il comandante a capo dell'operazione, Abdelwahab al-Saadi, ha spiegato che la coalizione internazionale e l'aviazione militare irachena hanno fornito ai soldati protezione aerea.
"Le forze irachene sono entrate a Falluja sotto copertura aerea da parte della coalizione internazionale, della forza aerea irachena, dell'aviazione dell'esercito e appoggiate da artiglieria e carri armati", ha detto al-Saadi, spiegando che sono sul terreno le forze anti-terrorismo (Cts), agenti della polizia di Anbar e soldati dell'esercito iracheno. "Il Daesh oppone resistenza", ha aggiunto.
Solo poche centinaia di famiglie sono riuscite ad uscire dalla città prima dell'attacco: a Falluja secondo alcune stime si trovano ancora 50.000 civili e si teme che l'Isis li possa usare come scudi umani. Falluja è stata la prima città irachena a cadere nelle mani dell'Isis, nel gennaio 2014, sei mesi prima della dichiarazione del Califfato sul territorio conquistato in Iraq e in Siria.
Secondo al Jazeera, nella riconquista dei villaggi vicino Falluja sono stati uccisi diversi civili dalle milizie sciite alleate all’esercito iracheno. In particolare, combattenti della milizia sciita irachena Kataib al-Risali, che fa capo alle Unità di mobilitazione popolare (Pmu sciite) alleate dell'esercito iracheno nella lotta allo Stato islamico, sono accusati di aver ucciso 17 civili sunniti nel villaggio di al Karma, vicino Falluja. Secondo quanto denunciano fonti tribali sunnite locali all'emittente televisiva al Jazeera, la loro uccisione è avvenuta subito dopo la conquista del villaggio nell'ambito dell'offensiva contro lo Stato islamico per la riconquista di Falluja. I 17 civili uccisi, accusati dalle milizie sciite di far parte del gruppo jihadista, erano stati sequestrati insieme ad altre 56 persone e portati ad al Rashar, a nord-est di al Karma. Le tribù sunnite temono che le milizie sciite possano compiere ad al Anbar le stesse violenze compiute nella regione di Diyala. Le milizie al Risali fanno capo al deputato sciita.
Baghdad, intanto, l’Isis ha colpito ancora con nuovi attentati. È di oltre 20 morti e almeno 40 feriti il bilancio di tre attentati che nelle ultime ore hanno scosso la capitale irachena, mentre prosegue l'offensiva delle forze filogovernative per riprendere la poco distante Falluja, ancora nelle mani del sedicente Stato Islamico (Is). Il più grave degli attentati compiuti è avvenuto nel quartiere sciita di Shaab, nella zona nord di Baghdad, dove un'autobomba ha provocato 12 morti e più di 20 feriti. Altre sette persone hanno perso la vita e 19 sono rimaste ferite da un'altra autobomba a Tarmiya, sobborgo a maggioranza sunnita. Un ordigno fissato a una moto, infine, è esploso nel bastione sciita di Sadr City, uccidendo due persone e ferendone altre sette.
FONTE: huffingtonpost.it

sabato 21 maggio 2016

Italiani pazzi per i jeans, minimo sei paia nell'armadio

ITALIANI PAZZI PER I JEANS, MINIMO SEI PAIA IN ARMADIO


Ricerca Cotton Usa sui pantaloni in denim brevettati da Levi's Strauss il 20 maggio 1873


Gli italiani sono pazzi per i jeans, li indossano sia per uscire e sia per andare al lavoro e in ogni armadio non mancano mai minimo sei paia. A rivelare la passione per i pantaloni in denim, che il 20 maggio festeggiano la nascita del brevetto del primo blue jeans Levi's Strauss (nato nel 1873), è una ricerca Global Lifestyle Monitor (osservatorio che su base biennale rivela i gusti dei consumatori) per conto di Cotton Usa, brand che rappresenta il cotone americano. Dal sondaggio, condotto su un campione di 1.002 persone tra i 15 e i 54 anniintervistate online tra novembre 2015 e gennaio 2016, si scopre che oltre la metà, ovvero il 51% degli italiani indossa i jeans per fare shopping e uscire nel tempo libero, mentre quasi la metà,  il 45% degli intervistati li mette durante la giornata lavorativa. In Italia lo stile informale sul posto di lavoro non è più confinato solo al cosiddetto casual friday, al contrario per esempio del Regno Unito, dove solo il 16% li sfoggia anche in ufficio.
    L'armadio degli italiani rispecchia l'amore per i jeans: in media ne hanno sei paia nel proprio guardaroba. Inoltre camicie e gonne in jeans sono i capi in denim preferiti dagli uomini e donne italiane che ne possiedono in media, più degli abitanti di Germania Regno Unito e Cina. Più in generale, il 52% degli italiani rivela d'indossare capi in denim regolarmente e quasi la metà, il 45% indossa jeans o shorts in jeans almeno 5 volte alla settimana, un trend consolidato rispetto ad esempio alla Germania (30%). Comfort, qualità e prezzo sono decisivi nella scelta dei jeans da acquistare. L'osservatorio di Cotton Usa svela che 3 italiani su 4 fanno shopping con piacere, o addirittura amano fare acquisti regolarmente e il 34% preferisce comprare i vestiti rispetto a elettronica di consumo (23%) o scarpe (16%).
    Da dove prendono ispirazione gli italiani per le proprie compere? Dalle altre persone (70%), nei negozi (66%) e dai media, in particolare online (30%). Inoltre, gli uomini sono più propensi a farsi guidare nella scelta dalle proposte dei siti di e-commerce (71%) rispetto alle donne (53%). Ma queste sono più propense ad acquistare abbigliamento online rispetto agli uomini. In generale per gli italiani, i fattori più importanti nella scelta di acquisto sono comfort (91%), qualità (91%) e prezzo (90%), mentre il brand è importante per meno del 50% degli intervistati. Il 95% dei consumatori italiani fa shopping durante i saldi o in presenza di particolari promozioni e più di 1 su 3 è disposto a sacrificare la qualità degli abiti se il costo è inferiore: entrambi i trend sono in crescita rispetto a 8 anni fa. Trovare capi eco-friendly è importante per il 57% degli italiani, soprattutto per gli over35, che ritengono il cotone la fibra più sicura per l'ambiente (70%) seguita da lana (69%) e seta (65%). Il cotone è considerato la fibra più autentica dall'85% degli intervistati, la più affidabile e la più sostenibile dall'80%. Inoltre, 9 italiani su 10 dichiarano di controllare l'etichetta prima di acquistare un capo. (ANSA).