lunedì 25 aprile 2016

Isis, falsi certificati medici per non andare in combattimento: così i jihadisti evitano la prima linea



Falsi certificati medici per evitare i combattimenti. Con i problemi militari, le perdite di territorio e le ristrettezze finanziare, i jihadisti dello Stato Islamico stanno tentando il tutto per tutto per non scendere in prima linea.

È quanto emerge da un rapporto del Combating Terrorism Center (CTC), in cui si sottolinea come molti militanti, ormai disillusi, si rivolgano ai medici per farsi stilare falsi certificati medici.
«Le carenze di personale sono state evidenziate anche da un documento dello Stato islamico che è emerso lo scorso anno – si legge nel rapporto – Il dossier, rilasciato nella provincia di Deir ez-Zor, nella Siria orientale, indica che un certo numero di membri dello Stato Islamico aveva cercato di ottenere referti medici falsi al fine di evitare il combattimento. I problemi finanziari dello Stato Islamico si sovrappongono a quelli di coesione interna dell'organizzazione terroristica».

Problemi finanziari e di personale confermati anche da uno studio del ricercatore britannico Aymenn Jawad al Tamini che ha sviscerato i problemi dello Stato Islamico, basando la sua ricerca su una serie di documenti sequestrati all'Isis.
Secondo il suo dossier, lo Stato Islamico starebbe vivendo un periodo di “vacche magre” a causa della mancanza di combattenti durante le battaglie decisive. Lo studio mette in evidenza come in diverse occasioni sia in aumento il numero di jihadisti che, per evitare di combattere, ha dichiarato di essere malato. Ma le complicazioni riguarderebbero anche l'affluenza delle reclute straniere resa sempre più complicata dalla stretta sorveglianza messa in atto dai Paesi dai quali i potenziali combattenti si mettevano in viaggio verso il Califfato.

Nello studio, inoltre, vengono sottolineati i problemi economici dell'Isis, in difficoltà soprattutto con il pagamento dei salari. Secondo al Tamini, infatti, le cifre fino a mille dollari diffuse in passato sarebbero solo un miraggio per un jihadista: prendendo come caso un miliziano sposato e con prole, il suo stipendio si aggirerebbe intorno ai 360 dollari. Partendo da salario base di 50 dollari, il combattente del Califfato ne riceve altri 50 per ognuna delle due mogli, ai quali se ne devono aggiungere 35 per ognuno dei sei figli (sotto i 15 anni). Ancora 50 dollari per ognuna delle “schiave” a sua disposizione. Partendo, dunque, da queste cifre calcolate per un jihadista sposato, un miliziano single dovrà sopravvivere con cifre considerevolmente inferiori.

FONTE: Federica Macagnone (ilmessaggero.it)

venerdì 22 aprile 2016

Prince, il genio e la follia del maestro funky


SÌ, A VOLTE nevica in aprile. “Sometimes it snows in april”, cantava alla fine dell’album “Parade”, 1986. Cantava in una dolce ballata che «a volte nevica, in aprile, a volte mi sento così male. A volte vorrei che la vita non finisse mai: tutte le cose buone, dicono, non durano». È durata 57 anni la vita di Prince. La notizia della sua morte, annunciata da Tmz (come già successe con lo scoop della improvvisa scomparsa dell’altro genio black anni Ottanta, Michael Jackson), e ancora avvolta nel giallo, è arrivata ieri sera verso le 19 ora italiana.

ERA NATO a Minneapolis il 7 giugno 1958 ed è morto lì, Roger Nelson in arte Prince, oltre 40 album in carriera, nella sua città, nei suoi studi musicali - la dimora e il suo regno, una struttura di rettangoloni bianchi, Paisley Park. Nel ’96 Paisley Park fu teatro della presentazione internazionale di un suo triplo cd, “Emancipation”, il primo targato Emi dopo gli anni di “schiavitù” - così la soffriva lui, tanto dall’esibirsi con la scritta “slave” in faccia - sotto un’altra multinazionale discografica, la Warner Bros. Il ’96 fu l’anno in cui la compagna di allora, la moglie Mayte Garcia, dette alla luce il suo primo figlio; i giorni di quel lancio superstar erano gli stessi in cui il piccolo nasceva e in cui i genitori venivano a sapere che il cervello del neonato era quadrilobato (rarissima sindrome di Pfeiffer), che il bambino era gravissimo, e infatti il bambino morì di lì a poco. Prince incontrò lo stesso i giornalisti e, vestito di seta bianca, suonò lo stesso uno dei suoi concerti stratosferici, perché Prince dal vivo è sempre stato un’altra dimensione, uno degli spettacoli più eccezionali della storia del rock. Se con i dischi (e coi film fra il trash e il sublime cui erano legati) all’inizio degli anni Ottanta aveva fatto gridare al miracolo funky rock, dal vivo Prince era persino di più: piccolo piccolo sui tacchi alti, magrissimo, era un ballerino prodigioso, era l’erede diretto di James Brown, ma più bello. Un Marvin Gaye più maturo. Uno che Miles Davis paragonava a Duke Ellington. Con la differenza che Prince cantava tutti i suoi successi e schitarrava pure alla Hendrixcome un demonio, cantava insieme come un angelo del falsetto e come un mago tentatore, suonando piano e tastiere. Mimando l’amore con la chitarra e contemporaneamente con tutto il pubblico: Love, Sexy. E questo sempre: se la carriera discografica è andata avanti fra alti e bassi, scelte audaci ma premature (come quella di affrancarsi dalla discografia ufficiale per buttarsi su internet quando ancora la rete era agli albori commerciali), opere che spesso negli anni hanno sofferto d’ipertrofia, modello Orson Welles e genialità barocche quanto perennemente incompiute, la carriera concertistica ha sempre mantenuto standard stellari.

IN ITALIA arrivò la prima volta col tour di “Sign o’ the Times”, a Milano. Il concerto perfetto. 1987, quattro date a giugno all’allora Palatrussardi. Il pubblico era invitato a prender parte allo show con abiti neri e arancioni; sul palco, alla batteria Sheila E, a ballare Cat. Da quel palco esplosero una ventina di canzoni, una dietro l’altra, un tripudio d’improvvisazioni funk e jazz, semi-infinite code orgasmatiche di note tirate allo spasimo. Tanto il compagno di trionfi anni ’80 Michael Jackson era perfezione pop, tanto lui era storia e futuro profondamente - selvaggiamente - black. Nel finale si inanellavano “When the doves cry” (quando le colombe piangono), “Purple Rain” (pioggia porpora), “Kiss” ma era sul crescendo di “The Cross” che s’infiammava l’apocalisse psichedelica.

DA FINE ANNI Novanta, nessuno lo diceva ma in molti lo pensavano, sembrava fuori di testa: tutti i nomi che si dava e si toglieva (Tafkap, The Artist, The Symbol), poi soprattutto quel suo essere artefice e vittima della sua personale guerra all’industria musicale - di album nella carriera ne ha venduti 80 milioni -, e la conversione al credo dei testimoni di Geova, e i pettegolezzi più strani sulla sua vita privata, segnata comunque costantemente da tantissimi flirt (Vanity, Apollonia, la seconda moglie italo canadese Manuela Testotini da cui ha divorziato due anni fa, Kim Basinger). In realtà quando lo ritrovavi in concerto era sempre lui, sempre l’inarrivabile festa, quella che solo Prince sapeva celebrare con sapienza, istrionismo, romanticismo, energia. E proprio a fronte di tutta quell’energia che spendeva per noi, fa impressione pensare che se n’è già andato, così. In un giorno d’aprile in cui, all’improvviso, è nevicato sul cuore del rock.

FONTE: Chiara Di Clemente (quotidiano.net)

domenica 17 aprile 2016

Refendum trivelle, si vota: incognita quorum, alle 12 affluenza sopra all'8,30%

Refendum trivelle, si vota: incognita quorum, alle 12 affluenza sopra all'8,30%
Si vota fino alle 23, alle urne 51 milioni di elettori. L'esito sarà indicativo della possibilità o meno di raggiungere la metà più uno degli aventi diritto. Altrimenti il voto non sarà valido

SEGGI APERTI dalle 7 per il referendum sulla durata delle concessioni per i giacimenti di petrolio e gas, il cosiddetto 'referendum trivellazioni'. Si vota fino alle 23 con l'incognita quorum: se non va alle urne almeno il 50% più uno degli aventi diritto la consultazione non è valida. E il fronte dei contrari - più che invitare a votare No - punta proprio sull'astensione per far fallire il referendum. Alle 12 il primo dato sull'affluenza che si attesta all'8,30%.

Tutto si gioca su un numero: 25.393.171. Sono gli elettori che dovranno andare a votare perché il referendum sia valido. Un obiettivo che è raggiuntosempre più raramente: siamo lontani da quell'87% del referendum del divorzio del 1974. Dal 1997 (con l'eccezione del 2011, per il voto sull'acqua pubblica) il quorum non è stato più raggiunto. Sarà difficile confrontare il dato con le precedenti consultazioni, visto che per la prima volta dagli anni '90 si torna a votare solo la domenica. Come indicazione però vale la pena di prendere gli ultimi due referendum, nel giugno 2011 (quorum raggiunto) e nel giugno 2009 (quorum non raggiunto). Si votava domenica fino alle 22 e lunedì fino alle 15. Nel 2011, alle 12 di domenica, aveva votato l'11,6% degli aventi diritto: il quorum fu raggiunto di poco, con il 54% dell'affluenza. Nel 2009, alla stessa ora, l'affluenza era del 4%.

Su cosa e come si vota. Gli elettori sono chiamati in sostanza a dire se vogliono che "quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?". Si tratta di un referendum abrogativo: in caso di vittoria del Sì (ovvero Sì alla cancellazione di una parte della legge che le proroga "per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale") le concessioni per gli impianti di estrazione di gas e petrolio entro dodici miglia dalla costa non verranno rinnovate. In caso di vittoria del No o di non raggiungimento del quorum la norma rimarrà in vigore così com'è, ovvero l'attività di estrazione potrà continuare fino all'esaurimento del giacimento.

Per votare, l'elettore deve semplicemente barrare la casella con il Sì o quella con il No.

Se il quorum dovesse essere raggiunto di poco (molti dei contrari in questo caso si sarebbero astenuti), è assai probabile che vincano abbondamente i Sì.

FONTE: repubblica.it

mercoledì 6 aprile 2016

Majorana aveva ragione: creato per la prima volta lo spin quantico liquido

Riproduzione di spin quantico liquido (Oak Ridge National Laboratory)

Niente a a che fare con i liquidi che conosciamo: indica che le particelle sono in uno stato di caos come le molecole d’acqua. È un nuovo stato della materia

Ettore Majorana aveva ragione. Poco prima della sua scomparsa, avvenuta in circostanze misteriose nel 1938, aveva ipotizzato l’esistenza di peculiari particelle nell’ambito della meccanica quantistica che si comportano simultaneamente come materia e antimateria, chiamate in seguito fermioni di Majorana proprio in onore del fisico italiano che le aveva previste teoricamente. Ma in ambito sperimentale i fermioni di Majorana non sono mai stati rilevati fino al 2014. Adesso un nuovo esperimento eseguito presso l’Oak Ridge National Laboratory (Tennessee, Usa) ne conferma definitivamente l’esistenza.

Spin quantico liquido

Non solo. Gli scienziati sono riusciti a creare in laboratorio un nuovo stato della materia, supposto anch’esso teoricamente nel 1973 dal fisico Phil Anderson e mai osservato in natura. Solido, liquido, gassoso: sono gli stati in cui si può presentare la materia, lo abbiamo imparato a scuola. Ma quando si entra nel mondo della meccanica quantistica compaiono altri stati più esotici come plasma e condensato di Bose-Einstein. Anderson più di quarant’anni fa ha ipotizzato che nell’ambito della fisica della materia condensata particolari materiali magnetici possono trovarsi in uno stato chiamato spin quantico liquido: non ha nulla a che fare con i liquidi che conosciamo, ma indica che le particelle sono in uno stato di caos, proprio come le molecole d’acqua. Ma mentre queste ultime si «riordinano» diventando ghiaccio, nello stato di spin quantico liquido (Qsl) le particelle continuano a rimescolarsi anche alle temperature più basse. Almeno in teoria, perché nessuno finora era stato in grado di «vedere» questo stato della materia.

Un nuovo stato della materia

C’è riuscito appunto un team internazionale di ricercatori che ha pubblicato il risultato del loro studio sull’ultimo numero della rivista Nature Materials. Gli scienziati hanno «illuminato» un materiale bidimensionale simile al grafene, ma fatto di cristalli di tricloruro di rutenio (RuCl3), con un fascio di neutroni e hanno osservato le onde create dalla diffusione dell’urto anelastico dei neutroni con le particelle dei cristalli. Un normale materiale magnetico dovrebbe proiettare delle line ben distinte ma in questo caso si sono osservate delle gobbe che ben si adattavano a quanto previsto in teoria per lo spin quantico liquido nel 2014 da Johannes Knolle del Cavendish Laboratory di Cambridge: la prova che è stato così osservato sperimentalmente per la prima volta questo particolare stato della materia.

Proprietà

Infatti nei normali materiali magnetici i singoli elettroni si comportano come minuscole calamite: man mano che la temperatura scende si allineano con i poli magnetici che puntano tutti nella stessa direzione. In un materiale nello stato spin quantico liquido invece anche allo zero assoluto gli elettroni restano disallineati, in una sorta di «zuppa causata da fluttuazioni quantiche», dicono gli scienziati che hanno rilevato proprio questo comportamento nel loro esperimento. Ma quali proprietà ha questo particolare stato della materia? La caratteristica peculiare è che gli elettroni, considerati unità di carica indivisibili, invece si «frazionano» generando fermioni di Majorana. È stato così possibile validare l’ipotesi sull’esistenza di queste particelle che lo scienziato aveva avanzato quasi ottant’anni fa. Secondo i ricercatori riuscire a generare fermioni di Majorana non è solo un mero traguardo scientifico, ma ha anche delle ricadute tecnologiche. Queste particelle infatti possono essere utilizzate come unità elementari per supercomputer quantistici, in grado così di funzionare a velocità irraggiungibili dai normali computer e di eseguire calcoli che nessun altro dispositivo sarebbe in grado di fare.

FONTE: Angelo Piemontese (corriere.it)