Due mete capolavoro, i placcaggi di Venditti e la provocazione di Parisse
L'Italia che gioca a rugby, attacca e batte i migliori non è più utopia. L'Italia che impone le sue qualità, il suo coraggio, che non si arrende ma risponde sempre senza abbassare la testa e che vince è apparsa ieri a 60 mila testimoni increduli. L'Italia che Jacques Brunel aveva promesso un anno fa esiste. È bella, cattiva e fa i miracoli. Ribattere la Francia 23-18 con due mete che sono piccole opere d'arte, ribatterla a distanza di due anni senza se e senza ma perché era la prima partita del Sei Nazioni e i galli erano tutt'altro che distratti, demotivati, vale tanto, tantissimo.
Forse è stata la vittoria più importante, più preziosa del rugby tricolore, di sicuro è stata una dimostrazione di consapevolezza e abilità che forse solo loro, gli azzurri, si aspettavano e che di certo non si attendevano i francesi, disperati, le mani nei capelli quando Venditti piazzava l'ultimo placcaggio su Fall, lo trascinava fuori dal campo e chiudeva le ostilità. «Tante volte abbiamo giocato bene, ma alla fine vincevano gli altri - spiega Sergio Parisse, il capitano che, appena segnata la prima meta, ha messo l'indice davanti alla bocca, rivolto ai francesi: silenzio, prendetevi questa -. Quante volte ho detto, abbiamo detto, prima di una partita: domani possiamo vincere. Pochi ci prendevano sul serio, qualcuno sorrideva. Da oggi, magari, sarà diverso. In fondo non siamo tanto male, no?».
No, non è male per niente questa Italia che aggredisce la partita con una furia insospettabile, che controlla la palla per cinque minuti filati e colpisce con Parisse dopo una magnifica intuizione di Orquera. Non è male per niente questa Italia perfetta per i primi 25 minuti. Che concede una meta a Picamoles ma raccoglie punti ogni volta che entra nella metà campo avversaria (drop e piazzato di Orquera). È indistruttibile questa Italia che va sotto nel finale del primo tempo, per un calcio di Michalak e la meta di Fall. È quello il momento più difficile, il momento dei dubbi.
Gli azzurri hanno tenuto ritmi folli, all'improvviso sembrano svuotati. E sembra che l'utopia debba rimanere tale anche questa volta, perché la Francia si impadronisce della palla e dell'inerzia, allunga con un'altra punizione e sul 13-18 comincia a respirare, convinta di avercela fatta.
Ma questa è un'altra Italia. Entra Gori per Botes e il ritmo si rialza, i placcaggi tornano feroci, la storia della partita ricomincia daccapo. A 25 minuti dalla fine, Venditti recupera un pallone nei 22 azzurri e non calcia, comincia a correre.
Poi tocca a Parisse bruciare altri metri, poi è il turno di Gori e, a ridosso della linea francese, a 80 metri dal primo scatto di Venditti, Orquera mette il pallone tra le mani a Castrogiovanni, che spiana l'ultima barriera. Un minuto dopo il drop di Burton, poi è resistenza. Fino all'ultima mischia, quando Cittadini dice a Zanni prima di abbassare la testa: «Niente scherzi, qui si fa l'Italia o si muore». Fino all'ultimo placcaggio. Per un giorno la Francia siamo noi. Chapeau, monsieur Brunel.
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