«Incapace di porre fine alle guerre e trovare una soluzione ai conflitti». Il gesto in dissenso con l’accordo Usa-Russia sulle armi di Assad
Mentre la prima positiva tornata di colloqui sul nucleare iraniano comincia a far credere all’occidente che un accordo con Teheran sia davvero possibile, Riad sbatte la porta in faccia all’Onu rinunciando al seggio appena ottenuto al Consiglio di Sicurezza in polemica con la politica internazionale sulla Siria a suo dire fallimentare.
Il regno saudita non ha mai fatto mistero di aver mal digerito l’intesa tra Mosca e Washinton sulla distruzione delle armi chimiche di Assad, convinto che si tratti di un escamotage russo per regalare tempo al regime contro cui si battono i ribelli armati in gran parte proprio da Riad. Il nuovo corso inaugurato dal neoeletto presidente Rohani poi, ha moltiplicato i motivi di apprensione allineando sempre più la posizione di re Abdullah a quella israeliana, una comunanza d’interessi e strategie che si estende dall’Egitto (entrambi i paesi guardano con favore al golpe militare che ha deposto Morsi), a Gaza (dove Hamas non è benvisto da nessuno dei due), fino ovviamente all’Iran, di cui l’Arabia Saudita teme le mire espansionistiche nella regione almeno quanto Israele contrasta le ambizioni nucleari.
Adesso, a sorpresa, il gran rifiuto. In un comunicato diffuso dall’agenzia ufficiale saudita il ministro degli esteri fa sapere di considerare il Consiglio di Sicurezza “incapace di porre fine alle guerre e trovare una soluzione ai conflitti” dal momento che non ha osservato i suoi doveri nella guerra in Siria lasciando al presidente Assad campo libero per massacrare il suo popolo, con o senza le armi chimiche. Nella Siria in cui il numero delle vittime ha superato quota 120 mila i gas letali, la ormai celebre linea rossa di Obama, hanno ucciso una percentuale molto bassa di persone. E’ la prima volta che l’Arabia Saudita viene chiamata a sedere tra i Paesi membri non permanenti - e dunque senza diritto di veto - del Consiglio di Sicurezza. Diversamente da Russia e Cina, che da due anni impediscono all’Onu di usare la mano pesante con Damasco, e degli Stati Uniti, che hanno sempre usato il veto per difendere Israele, Riad non avrebbe potuto bloccare alcuna risoluzione. Tanto meglio conquistare la platea mediatica rinunciando.
“Il regno ritiene che i metodi, gli strumenti di lavoro, i doppi pesi e le doppie misure adottate attualmente dal Consiglio di Sicurezza rendano l’organo incapace di svolgere i suoi doveri e di assumersi la responsabilità nei confronti del mantenimento della sicurezza e della pace e contribuiscano ad approfondire il divario delle ingiustizie dai popoli e a violentare i diritti” spiega Riad, aggiungendo di battersi “da anni affinché vengano compiute le riforme necessarie per mettere il Consiglio di Sicurezza davvero al servizio della sicurezza e della pace nel mondo”. Una posizione che non prevede obiezioni circa la propria attitudine alle riforme e il rispetto dei diritti. Ma che, per guadagnare un punto presso gli arabi, assesta piuttosto un colpo all’amico israeliano: “La questione palestinese è da 65 anni la prova più evidente dell’incapacità dell’azione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. E pensare che negli scenari di guerra contro l’Iran ipotizzati dall’intelligence israeliana una delle poche certezze è la collaborazione di Riad.
FONTE: Francesca Paci (lastampa.it)
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