Regioni e ministeri non comunicano. E l'Europa taglia gli aiuti
UNO STATO che massacra i cittadini di tasse e non riesce a spendere i soldi che avrebbe a disposizione. È il grande paradosso italiano dei fondi europei. Mentre la Legge di stabilità spacca il capello in quattro per recuperare qualche milione, il Governo sta buttando dalla finestra, mese dopo mese, una cifra che potrebbe valere tra gli otto e i nove miliardi fino al 2015: il doppio dell’Imu sulla prima casa. Colpa di amministrazioni che non sanno gestire la grande mole di denaro che avremmo a disposizione: Regioni e ministeri non riescono a coordinarsi e i cittadini perdono le uniche risorse disponibili per gli investimenti.
Partiamo dal quadro generale, ricavato attraverso i dati del ministero della Coesione territoriale. Entro la fine del 2013 l’Italia deve impegnare un totale di 27,9 miliardi di euro e deve poi spenderli entro il 2015. La quota maggiore riguarda il Fondo europeo di sviluppo regionale (21 miliardi), mentre il resto è appannaggio del Fondo sociale europeo (6,9 miliardi). Il primo è lo strumento per la politica regionale della Commissione europea, mentre il secondo serve soprattutto a sostenere l’occupazione. A questi soldi vanno aggiunti 21,5 miliardi di cofinanziamento con fondi nazionali, arrivando così a 49,4 miliardi: ogni volta che arriva un euro dall’Europa, i paesi membri devono investire qualcosa di tasca propria.
IL NOSTRO paese ha cominciato a spendere questi soldi nel 2007 e ha poco più di due anni di tempo per chiudere il lavoro. Eppure, secondo i numeri aggiornati allo scorso maggio, siamo molto indietro rispetto alle scadenze. Abbiamo, infatti, raggiunto appena il 40% della dotazione totale spendendo, con il cofinanziamento nazionale, soltanto 19,7 miliardi di euro. Questo significa che, nel (poco) tempo che ci rimane, abbiamo ancora da impiegare circa trenta miliardi complessivi, 17 dei quali in arrivo da Bruxelles.
La colpa, paradossalmente, è delle amministrazioni che non riescono a spendere questo denaro, sia a livello locale che a livello centrale. Dialogare con l’Ue è difficile e il personale qualificato a utilizzare i fondi è poco e oberato di lavoro. Così, andando nel dettaglio delle spese, si scopre che i ritardi si annidano ovunque. Il Lazio, ad esempio, ad oggi ha speso 324,3 milioni di euro: soltanto entro la fine del 2013 dovrebbe utilizzarne circa 100 in più. Ma è soprattutto il Sud che sta sprecando risorse importanti: la Calabria, ad esempio, entro la fine dell’anno dovrebbe spendere 123,5 milioni, la Sicilia 220 e la Puglia, addirittura, 250.
ANCHE SE il problema non riguarda soltanto le Regioni ma anche diversi fondi gestiti a livello centrale. Il programma operativo nazionale ricerca e competitività è governato dal ministero dello Sviluppo economico e da quello dell’Università e ricerca. Dovrebbe servire al sostegno delle aree svantaggiate del paese, ma nei primi cinque mesi del 2013 non è stato praticamente utilizzato. Il programma attrattori culturali, che dovrebbe promuovere il turismo, in un anno ha speso la miseria di 12 milioni di euro. Il programma dedicato all’energia rinnovabile e al risparmio energetico nella prima parte del 2013 non è arrivato neppure a otto milioni di euro totali.
Questa situazione, però, preoccupa soprattutto se osservata da una prospettiva globale. Nel giro di due anni dobbiamo ancora spendere 17 miliardi di euro di denaro europeo, una cifra pesante, pari a oltre tre volte l’Imu sulla prima casa.
Proseguendo a questo ritmo, Bruxelles ci toglierà certamente qualcosa, perché non riusciremo a impiegare tutto il denaro in tempo. Secondo le proiezioni più accreditate, è a rischio una cifra che oscilla tra gli otto e i nove miliardi di euro.
FONTE: Matteo Palo (qn.quotidiano.net)
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