sabato 21 giugno 2014

Iraq, Isis rafforza il controllo nell'ovest: conquistate Ana, Rawa e al-Qaim

Iraq, Isis rafforza il controllo nell'ovest: conquistate Ana, Rawa e al-Qaim

I miliziani sunniti continuano l'offensiva e dominano il confine iracheno-siriano sul quale riescono a spostarsi con facilità anche con armi e attrezzature pesanti. La polizia: "Le città si sono arrese". A Bagdad circa 20 mila uomini, molti dei quali in tenuta da combattimento, hanno marciato armati di fucili, mitragliatrici, lanciarazzi e missili. Sfilate anche ad Amarah e Basra

Gli uomini dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante hanno conquistato la città di Rawa, lungo il fiume Eufrate, a cira 275 chilometri a nordovest di Bagdad. Il sindaco, Hussein AIi al-Aujail ha detto che l'esercito locale e le forze di polizia non sono intervenute. I miliziani hanno preso il controllo della città e "hanno saccheggiato gli uffici governativi" ha raccontato il sindaco. L'offensiva per arrivare a prendere Bagdad, si dirama su più città della provincia di Anbar. I jihadisti sono migliaia e hanno armi pesanti. Ieri hanno piegato al-Qaim, al confine siriano, oggi Rawa, Mosul era già nelle loro mani. Fallujah e in parte Ramadi sono sotto controllo dei sunniti già da gennaio.

Al-Qaim, circa 320 chilometri a ovest di Bagdad, è caduta venerdì. Lo ha confermato il portavoce militare Qassim al-Moussawi raccontando una giornata di scontri in cui hanno perso la vita circa 34 soldati. I militanti sunniti controllano buona parte del confine iracheno-siriano e riescono a spostarsi con facilità, ma valichi come quello di al-Qaim, permettono più facili movimenti di armi e attrezzature pesanti.

Bagdad tenta di riorganizzarsi, circa 20mila uomini dell'esercito governativo e volontari, molti dei quali in tenuta da combattimento, hanno marciato armati di fucili, mitragliatrici, lanciarazzi e missili. Sfilate simili hanno avuto luogo nelle città meridionali di Amarah e Basra. Sono organizzate dai seguaci dello sciita Muqtada al-Sadr, lo stesso che guidò una potente milizia contro le truppe statunitensi e fu incolpato delle uccisioni di massa di civili sunniti durante il bagno di sangue settario che ha raggiunto un picco nel 2006 e 2007. Quella di oggi è la peggiore crisi interna da quando le truppe Usa si sono ritirate dal paese alla fine del 2011. 

I volontari sciiti. 
Sono oltre 2,5 milioni i volontari sciiti che in tutto l'Iraq si sarebbero mobilitati e avrebbero preso le armi per sostenere l'Esercito nella battaglia contro i jihadisti sunniti. E' quanto emerge dagli ultimi dati diffusi dal governo iracheno, come riporta l'agenzia di stampa Dpa. Al-Maliki ha promesso ai volontari che prenderanno le armi una paga da 750mila dinari (circa 480 euro) al mese e 500mila dinari ai volontari non combattenti. Per tutti, secondo le promesse, un bonus da 125mila dinari da spendere per l'acquisto di cibo.

L'Ayatollah Ali al-Sistani, la voce più rispettata dalla maggioranza sciita dell'Iraq, ha fatto appello affinché si riesca a formare "un governo efficace che abbia un ampio sostegno nazionale" e che eviti "gli errori del passato". Molto ascoltato dalla maggioranza di sciiti in Iraq, solo al-Sistani potrebbe convincere Nuri al-Maliki a dimettersi. Al-Sistani, 86 anni, vive nella città santa sciita di Najaf, a sud di Bagdad, raramente esce da casa, una costruzione modesta, e non rilascia interviste. La sua chiamata alle armi la scorsa settimana ha spinto migliaia di sciiti a combattere contro i militanti sunniti.

La posizione degli Stati Uniti. "Solo un leader in grado di governare e creare una coalizione potrebbe portare davvero il popolo iracheno a superare questa crisi", ha detto Obama giovedì scorso. E ha lanciato una nuova critica pesante al presidente Nouri al-Maliki: "Non c'è soluzione militare in Iraq, di certo non guidata dagli Usa, ma solo un processo politico inclusivo può portare a uno scioglimento della crisi". Anche se "non è il nostro lavoro scegliere i leader iracheni", ci vogliono "leader politici" in grado di garantire un processo inclusivo. "Non è un segreto che ora c'è una divisione profonda tra sunniti, sciiti e kurdi".

Il presidente americano ha confermato di essere pronto "a inviare circa 300 consiglieri militari per aiutare gli iracheni a combattere i terroristi. I soldati americani non torneranno in Iraq". Obama ha confermato che non ci sarà un nuovo impegno diretto delle forze armate americane nell'Iraq devastato dall'avanzata dei miliziani filo al Qaeda dell'Isis: "La risposta migliore alla minaccia dell'Isis è dare la possibilità alle forze locali di rispondere. I leader iracheni devono superare le divisioni e rispondere con un processo politico e non con la violenza alle minacce". Aerei statunitensi senza pilota sorvolano l'Iraq 24 ore al giorno.

FONTE: repubblica.it

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