Domani alle Camere al via il dibattito sulle riforme. L’esecutivo chiama le opposizioni: «Dialogo con tutti»
La prima risposta del governo all’astensionismo è l’accelerazione sulle riforme istituzionali. E ritorna in agenda anche il tema dell’abolizione delle province. Il dialogo tra governo e forze politiche è in pieno svolgimento. Gli incontri dei ministri Quagliariello e Franceschini con le forze di opposizione (M5S, Sel e Fratelli d’Italia, la Lega verrà vista questa mattina) si sono tenuti ieri e, tutto sommato, sono andati bene. «Nessuna pregiudiziale sul percorso» neppure dai grillini, anche se Crimi e Lombardi fanno filtrare che presenteranno una mozione per puntare sul «coinvolgimento dei cittadini».
Sarà domani che si concretizzerà, prima nell’aula di palazzo Madama al mattino e poi a Montecitorio nel pomeriggio, il dibattito sulle riforme, con voto sulle diverse mozioni d’indirizzo. Letta parlerà in aula, prima al Senato e poi alla Camera. Lo scenario che si profila è dunque quello di differenti mozioni (una di maggioranza e diverse di opposizione) ma Quagliariello è soddisfatto: «La base comune sarà molto ampia». Non è escluso che il governo dia luce verde a parti delle mozioni delle opposizioni. Il voto finale darà vita alla cosiddetta “commissione dei 40” (20 deputati e 20 senatori) che avrà poteri referenti e non redigenti (al fine di permettere di emendare i testi in Aula da parte del Parlamento) e al cui termine dei lavori (uno o più anni, tramite procedura dell’articolo 138) si terranno più referendum confermativi sulle diverse parti della Costituzione.
Nelle mozioni non si scenderà nel merito (saranno, appunto, “di indirizzo”) ma si apprende da fonti governative che verrà stralciata, dal treno delle riforme, la parte sull’abolizione delle Province. L’intenzione del governo è quella di porre subito all’attenzione del Parlamento un ddl costituzionale per eliminare le Province in modo che, da settembre, parta subito la riforma delle autonomia locali. Nei colloqui con le forze di opposizione andati in onda ieri i ministri Quagliariello e Franceschini si sono dunque volutamente tenuti sulle generali, espungendo i temi di merito. Del resto si trattava di disegnare il percorso istituzionale sulle riforme e provare a raccogliere il più ampio consenso per avviarne il cammino.
LA LEGGE ELETTORALE
Nelle mozioni d’indirizzo sulle riforme non dovrebbero neanche essere indicati neppure i singoli capitoli d’intervento, ma solo l’intento di riformare la parte seconda della Costituzione e l’iter. Così come sarà solo consultivo il comitato di esperti e saggi di esclusiva nomina governativa. Nelle mozioni ci sarà anche un paragrafo dedicato alla legge elettorale, ma solo per indicare la necessità di intervenire sul Porcellum entro fine luglio (forse scrivendo nero su bianco “entro il 31 luglio”). Se si provasse ad addentrarsi nello specifico delle modifiche, si rischierebbe infatti di spaccare subito la maggioranza, causa la distanza tra la richiesta del Pdl di un intervento minimo e le pressioni del Pd per il ritorno al Mattarellum.
Oggi un vertice di maggioranza a Palazzo Madama sarà cruciale nel definire il testo delle mozioni che porteranno le firme di tutti i capigruppo di Pd, Pdl e Sc ma che, appunto, cercheranno di aprirsi al massimo al dialogo anche con le opposizioni. Poi Pd, presente Epifani, e Pdl, assente Berlusconi, riuniranno i rispettivi gruppi parlamentari.
Sarà domani che si concretizzerà, prima nell’aula di palazzo Madama al mattino e poi a Montecitorio nel pomeriggio, il dibattito sulle riforme, con voto sulle diverse mozioni d’indirizzo. Letta parlerà in aula, prima al Senato e poi alla Camera. Lo scenario che si profila è dunque quello di differenti mozioni (una di maggioranza e diverse di opposizione) ma Quagliariello è soddisfatto: «La base comune sarà molto ampia». Non è escluso che il governo dia luce verde a parti delle mozioni delle opposizioni. Il voto finale darà vita alla cosiddetta “commissione dei 40” (20 deputati e 20 senatori) che avrà poteri referenti e non redigenti (al fine di permettere di emendare i testi in Aula da parte del Parlamento) e al cui termine dei lavori (uno o più anni, tramite procedura dell’articolo 138) si terranno più referendum confermativi sulle diverse parti della Costituzione.
Nelle mozioni non si scenderà nel merito (saranno, appunto, “di indirizzo”) ma si apprende da fonti governative che verrà stralciata, dal treno delle riforme, la parte sull’abolizione delle Province. L’intenzione del governo è quella di porre subito all’attenzione del Parlamento un ddl costituzionale per eliminare le Province in modo che, da settembre, parta subito la riforma delle autonomia locali. Nei colloqui con le forze di opposizione andati in onda ieri i ministri Quagliariello e Franceschini si sono dunque volutamente tenuti sulle generali, espungendo i temi di merito. Del resto si trattava di disegnare il percorso istituzionale sulle riforme e provare a raccogliere il più ampio consenso per avviarne il cammino.
LA LEGGE ELETTORALE
Nelle mozioni d’indirizzo sulle riforme non dovrebbero neanche essere indicati neppure i singoli capitoli d’intervento, ma solo l’intento di riformare la parte seconda della Costituzione e l’iter. Così come sarà solo consultivo il comitato di esperti e saggi di esclusiva nomina governativa. Nelle mozioni ci sarà anche un paragrafo dedicato alla legge elettorale, ma solo per indicare la necessità di intervenire sul Porcellum entro fine luglio (forse scrivendo nero su bianco “entro il 31 luglio”). Se si provasse ad addentrarsi nello specifico delle modifiche, si rischierebbe infatti di spaccare subito la maggioranza, causa la distanza tra la richiesta del Pdl di un intervento minimo e le pressioni del Pd per il ritorno al Mattarellum.
Oggi un vertice di maggioranza a Palazzo Madama sarà cruciale nel definire il testo delle mozioni che porteranno le firme di tutti i capigruppo di Pd, Pdl e Sc ma che, appunto, cercheranno di aprirsi al massimo al dialogo anche con le opposizioni. Poi Pd, presente Epifani, e Pdl, assente Berlusconi, riuniranno i rispettivi gruppi parlamentari.
FONTE: Ettore Colombo (ilmessaggero.it)
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