Luciano Seno faceva parte della squadra di Dalla Chiesa ed è stato condannato per favoreggiamento nei confronti di Niccolò Pollari
A vantarsi di essere stati al fianco di Carlo Alberto dalla Chiesa, quando il Generale dava la caccia alle Brigate Rosse, sono oggi in tanti. Luciano Seno c'era davvero, e infatti non se n'è mai vantato. Dall'Arma è passato ai servizi segreti, e qui è rimasto impigliato nella indagine della procura di Milano sul sequestro da parte della Cia dell'imam estremista Abu Omar. É la indagine che ieri si è ufficialmente affossata con il proscioglimento definitivo di tutti gli uomini del Sismi, dall'ex direttore Nicolò Pollari al capo del controspionaggio Marco Mancini, che la Cassazione ha fatto uscire di scena dopo la conferma del segreto di Stato sull'intera vicenda da parte della Corte Costituzionale. Anche se ci sono voluti undici anni (la rendition avvenne a Milano il 17 febbraio 2003) gli 007 italiani escono incolumi da questa storia. Tutti, tranne uno: lui, il colonnello Seno, condannato in via definitiva a due anni e otto mesi di carcere per favoreggiamento. Cioè per avere aiutato i suoi capi, Pollari e Mancini, a schivare le indagini della magistratura. In particolare, a Seno viene contestato di avere prestato il suo telefono a due superiori, il generale Pignero e il capodivisione Mancini, che erano stati da poco interrogati dai pm milanesi e che riferivano l'andamento dell'interrogatorio.
Anche nel caso che Mancini, Pollari e gli altri agenti del Sismi fossero stati dichiarati colpevoli era discutibile che passare il proprio telefono a un superiore gerarchico volesse dire essere complici dei suoi tentativi di depistaggio. Ma a rendere surreale la situazione è la circostanza che alla fine Mancini non è stato condannato ma prosciolto. Non ci sono prove utilizzabili, secondo la Cassazione, per dichiarare i vertici del Sismi corresponsabili del sequestro Abu Omar. E allora, se non è provata o provabile la colpevolezza di Mancini, come si può dichiarare Seno colpevole di avere aiutato un colpevole? É questo l'interrogativo che i legali di Seno, Luigi Panella e Enzo Cannizzaro, non essendo più possibile alcun ricorso in Italia hanno deciso di sollevare davanti alla Corte europea per i diritti dell'uomo. Lo stesso giudice Oscar Magi, che per primo aveva condannato Seno, aveva dato atto della assurdità della situazione: «È di palmare evidenza che tale argomentazione costituisce un estremo ed ulteriore paradosso nella vicenda in esame: risulta, in estrema sintesi, possibile indagare sulle condotte che hanno favoreggiato dei presunti sequestratori e non risulta possibile indagare sulle condotte di sequestro, per il solo fatto che tali ultime sono state operate al di sotto di un ombrello immunitario derivante dall'esistenza di un segreto di Stato. Questo giudicante non può che essere d'accordo sulla paradossalità di tale ultimo assunto, ma non può che confermarne la validità».
Oltretutto, scrivono i due legali di Seno, anche al colonnello è risultato impossibile difendersi visto che il segreto di Stato imposto dai governi Prodi e Berlusconi lo ha vincolato al silenzio: «Al colonnello Seno non è stato consentito di portare prove a discarico e di dimostrare che le condotte ad esso imputate non costituivano un reato in quanto giustificate alla luce dell'assetto organizzativo e operativi dei Servizi», si legge nel ricorso alla Corte di Strasburgo. Lui, Seno - settantre anni, cuneese, chiuso e silenzioso - è in attesa che il prossimo 1 aprile il tribunale di sorveglianza di Milano esamini la sua richiesta di affidamento ai servizi sociali, unica chance che gli resta di evitare di essere rinchiuso a espiare la pena. Ma anche se la sua richiesta venisse accolto, la sensazione di essere vittima di una colossale ingiustizia non gli verrà mai scrollata di dosso.
FONTE: Luca Fazzo (ilgiornale.it)
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