domenica 27 ottobre 2013

"Datagate, Merkel spiata dal 2002 80 centri Nsa, uno anche a Roma" E Hillary Clinton 'molla' Obama



Scoop dello Spiegel rialza la temperatura Europa-Usa

l cellulare di Angela Merkel spiato dalla National security agency statunitense (Nsa) è stato spiato dal 2002, quando ancora non ricopriva l'incarico di cancelliere della Germania. È lo scopp pubblicato oggi sul sito del settimanale tedesco Der Spiegel, citando come fonte l'estratto di alcuni documenti dei servizi segreti Usa, del quale è entrato in possesso. Dalle stesse carte, emerge che dalla loro ambasciata a Berlino gli Usa avrebbero spiato l'intero quartiere governativo tedesco e che l'ordine di controllare Merkel (dicutura in atti 'GE Chancellor Merkel') fosse ancora valido poche settimane prima che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, si recasse in visita a Berlino a giugno scorso.

Stando al settimanale tedesco, la cancelliera sarebbe stata indicata come obiettivo dalla sezione competente per l'Europa, la S2C32 European States Branch, e i controlli sarebbero stati realizzati da un'unità nota come Special Collection Services (Scs), "uno degli 80 centri spia Nsa-Cia nel mondo, uno dei quali anche  a Roma", scrive ancora Der Spiegel citando le informazioni ricevute dalla talpa Eric Snowden.

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama non sapeva che la cancelliera Angel Merkel era intercettata dai servizi Usa, altrimenti avrebbe chiesto di interrompere immediatamente le operazioni. Secondo Der Spiegelonline, lo ha detto lo stesso Obama alla Merkel, quando si sono parlati per telefono nei giorni scorsi. Sempre secondo il settimanale, in recenti contatti tra Usa e Germania l'Amministrazione Usa non ha negato che la cancelliera sia stata intercettata in passato. Ha semplicemente escluso azioni presenti e future.
FIBRILLAZIONI DEMOCRATICHE - Lo scoop dello Spiegel, che pure non aggiunge novità sostanziali rispetto a quanto ormai compreso dai partner occidentali degli Stati Uniti, certo rinfocola le polemiche atlantiche e precipita nell'incubo l'amministrazione Obama per lo stillicidio informazioni negative che nessuno sa quando potrà finire. Il rischio per l'immagine già devastata degli Stati Uniti è insomma immenso e una finissima politica come Hillary Clinton, capita l'antifona, decide immediatamemnte di 'smarcarsi' dal suo ex capo cui si prefigge di succedere. E' un segnale anche questo del caos che regna a Washington.
SOSTIENE HILLARY - ''Non s'è ancora fatta piena chiarezza su cosa è accaduto. Alle accuse e ai
sospetti dei nostri alleati non abbiamo risposto in modo adeguato, fornendo i dettagli necessari''. Hillary Clinton, durante una conferenza alla Colgate University, si disallinea con evidenza dalla condotta scelta dalla Casa Bianca in questi giorni per far fronte al mare di proteste giunte dai paesi Ue, tradizionali alleati che si sono scoperti spiati dallo Zio Sam. Ovviamente l'ex first lady ed ex segretario di Stato, ora candidata in pectore per la prossima campagna presidenziale, non cita mai il nome di Barack Obama (cui invece offre esplicito appoggio nella vicenda Shutdown), ma critica duramente il modo con cui la Casa Bianca ha trattato lo scandalo che, dal caso Snowden in poi, sta travolgendo ormai da mesi la National Security Agency.

'INFORMAZIONI SENZA CONTESTO' - L'ex segretario di Stato sottolinea in particolare i ritardi nell'affrontare il Datagate (con annesso spionaggio dei Paesi alleati) che sta mettendo in crisi l'amministrazione di cui faceva parte, appena pochi mesi fa. ''Tutti oggi dicono: 'Ok, ora dobbiamo essere sicuri che non siamo andati troppo oltre, che non abbiamo esagerato'. Si tratta di un dibattito che dobbiamo affrontare a sangue freddo, in un'atmosfera molto calma. Tuttavia, ancora non abbiamo iniziato questa fase''. Hillary, nel suo intervento, esorta gli alleati degli Stati Uniti a fidarsi dall'intelligence americana e dei suoi apparati di sicurezza che spesso hanno lavorato con loro come ottimi partner. Tuttavia - sottolinea come a fronte di preoccupazioni concrete (tra tutte, la denuncia durissima della cancelliera tedesca Angela Merkel che ha accusato la Nsa di controllarle il telefonino) - gli Stati Uniti non hanno fornito una spiegazione sufficientemente dettagliata. ''La Nsa non ha fornito il quadro completo a chi ha espresso le sue preoccupazioni per la tutela della privacy. Sono trapelate poche informazioni, a spizzichi e bocconi, ma è mancato il contesto completo, non c'è stata una spiegazione chiara e completa dei fatti'', ha detto la futura candidata democratica.
MISSIONE IN PARTENZA - Intanto l'Europa, all'indomani del vertice Ue in cui ha tenuto banco lo scandalo del 'Datagate' tra l'indignazione dei 28 leader europei - o forse 27 visto il solito teatrino inglese - mantiene alta la pressione sugli Usa. Si prepara infatti una settimana cruciale per i rapporti transatlantici e il futuro della cooperazione antiterroristica tra le capitali europee e Washington.
'NEGOZIARE CODICE' - Lunedì partirà la missione d'inchiesta dell'Europarlamento nella capitale americana, e sempre nei prossimi giorni vi andrà anche una delegazione di alti responsabili dei servizi segreti tedeschi. Come emerso dal vertice Ue, l'obiettivo è che i 28 paesi Ue arrivino a negoziare un 'codice di buona condotta' con gli Usa su intelligence e protezione dei dati personali. E' questo in particolare l'obiettivo della Germania che, dopo lo 'smacco' subito dalla Merkel spiata al telefono dagli americani per almeno 11 anni, vorrebbe un'intesa che le permettesse di essere almeno sullo stesso piano dei 'Five Eyes'.
SIGLA AMICA - 'Cinque occhi' e' infatti stato ribattezzato il patto di 'non spionaggio' tra 'amici' e allo stesso tempo di condivisione delle informazioni, stretto dopo la Seconda guerra mondiale tra gli Usa e la Gran
Bretagna e a cui si sono poi aggiunti gli altri paesi anglosassoni, ovvero Canada, Australia e Nuova Zelanda. ''Dal momento che non conosco i dettagli di questo accordo, non posso dire se la Germania cerchi una relazione simile'' con gli Usa, ma certo, ha messo in chiaro Merkel dopo la riunione dei 28 facendo riferimento ai 'Five Eyes', ''quel che vogliamo è qualcosa di chiaro che sia ugualmente nello spirito di un'alleanza''. Detto, fatto: nei prossimi giorni i pezzi da novanta dei servizi segreti tedeschi, tra cui - secondo quanto riporta la stampa di Berlino - il numero uno del Bnd Gerhard Schindler, e il capo del
cancellierato responsabile dell'intelligence, Ronald Pofalla, saranno faccia a faccia con i responsabili della Nsa e della Casa Bianca. Obiettivo, avere spiegazioni convincenti e negoziare un'intesa, forti del mandato inequivocabile della Merkel - spalleggiata dalla Francia, dall'Ue e dall'iniziativa Onu - che ha messo in chiaro che ''lo spionaggio tra amici è inaccettabile''. 

BERLINO E BRASILIA FURIOSI - Per aumentare la pressione, Germania e Brasile, leader del fronte americano anti-Nsa che coinvolge anche il Messico, stanno intanto preparando una risoluzione da far approvare dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in difesa delle libertà individuali, che indirettamente condanni le attività di spionaggio elettronico della National Security Agency americana. Il testo non citerà esplicitamente lo scandalo Nsagate ma chiederà di estendere "la Convenzione Internazionale sui diritti civili e politici", del 1976, alle attività internet. "Diplomatici tedeschi e brasiliani hanno incontrato all’Onu loro omologhi europei e dell’America Latina per discutere di una bozza di risoluzione", ha riferito una fonte diplomatica, aggiungendo che, "l’obiettivo", del testo, "è inviare un messaggio a quanti abusano del sistema".
FONTE: A FARRUGGIA (qn.quotidiano.net)

giovedì 24 ottobre 2013

Datagate, Glenn Greenwald a l'Espresso: "Spiato anche il governo italiano". E anche gli inglesi controllavano con Tempora


Datagate Glenn Greenwald

Anche l'Italia è intercettata e "la Nsa porta avanti molte attività spionistiche anche sui governi europei, incluso quello italiano". Gleen Greenwald, il giornalista americano che custodisce i file della 'talpa' del Datagate Edward Snowden, scrive oggi "l'Espresso"lo ha dichiarato al settimanale prima che esplodesse la tempesta diplomatica dei controlli sul cellulare della Merkel.
Nel numero in uscita domani l'Espresso anticipa che i documenti di Snowden contengono molte informazioni sul controllo delle comunicazioni italiane, destinate a essere rivelate nelle prossime settimane.
Le intercettazioni di Prism non sarebbero state le uniche che avrebbero coinvolto il nostro Paese. Con un programma parallelo e convergente chiamato Tempora - spiega l'Espresso- , anche l'Intelligence britannica ha spiato i cavi di fibre ottiche che trasportano telefonate, mail e traffico internet del nostro paese. Le informazioni rilevanti raccolte dal gchq, ossia il government communications head quarter, venivano poi scambiate con l'nsa americana. Ma dai file di Snowden risulta che la scrematura di questi dati segue criteri spregiudicati, che non riguardano solo la lotta al terrorismo. Gli inglesi infatti selezionavano telefonate e mail utili a individuare "le intenzioni politiche dei governi stranieri".
Nelle anticipazioni del numero dell'Espresso in edicola domani, Greenwald rivela che l'attività di spionaggio globale viene svolta attraverso l'intercettazione di tutti i dati trasferiti da tre cavi in fibre ottiche sottomarini che hanno terminali in Italia. Il primo è il SeaMeWe3, con "terminale" a Mazara del Vallo. Il secondo è il SeaMeWe4, con uno snodo a Palermo. Città da cui transita anche il flusso di dati del Fea (Flag Europe Asia).
FONTE: huffingtonpost.it

mercoledì 23 ottobre 2013

Italia, il debito più alto dopo la Grecia. Il rapporto col Pil sale al 133,3%


Nel secondo trimestre dell'anno, i debiti dell'Italia hanno superato di oltre il 30% la parità con il prodotto interno lordo. Solo un Paese, tecnicamente fallito, come la Grecia, fa peggio dell'Italia. Il debito dell'Eurozona sale al 93,4%


Solo la Grecia fa peggio dell'Italia. Il debito pubblico è a livelli record sul Pil a 133,3% nel secondo trimestre 2013, in crescita del 3 punti percentuali rispetto ai primi tre mesi dell'anno quando era al 130,3%. Sono i dati diffusi da Eurostat. Resta il secondo debito pubblico Ue più alto dopo la Grecia (169,1%) e con uno dei maggiori incrementi tra primo e secondo trimestre di quest'anno. Nello stesso periodo dello scorso anno era di 1.982.898 milioni di euro, pari al 125,6% del Pil, nel primo trimestre di quest'anno era di 2.035.833 milioni, al 130,3%, mentre nel secondo trimestre è arrivato a 2.076.182 milioni, ovvero al 133,3%. Dopo Grecia e Italia, gli altri debiti pubblici più grandi dell'Eurozona in percentuale di Pil sono il Portogallo (131,3%) e l'Irlanda (125,7%).

Il debito pubblico aggregato dei 17 paesi dell'Eurozona è salito nel secondo trimestre del 2013 al 93,4% del Prodotto interno lordo, segnando un incremento di 1,1 punti percentuali rispetto al primo trimestre dell'anno. Nei 28 Paesi membri dell'Unione europea, il debito aggregato ha toccato quota 86,8% del Pil, a fronte dell'85,9% del Pil registrato nel primo trimestre 2013.
Rispetto al secondo trimestre del 2012, il debito pubblico aggregato della zona euro è aumentato di 3,5 punti percentuali, mentre quello dell'Ue è salito di 2,1 punti percentuali. 

FONTE: repubblica.it

martedì 22 ottobre 2013

Bambina rapita nel campo rom, nuovo caso a Dublino: ritrovata un'altra bimba bionda con gli occhi azzurri


Maria, forse un nuovo caso a Dublino

Il caso di Maria, la bimba rapita ritrovata in un campo rom in Grecia, rischia di non essere l'unico.  Una bambina bionda di sette anni, con gli occhi azzurri, è stata trovata infatti dalla polizia irlandese presso una famiglia rom a Tallaght, a sud di Dublino.

La coppia con cui la bimba viveva non è stata in grado di fornire alla polizia irlandese un certificato di nascita soddisfacente, raccontando che la piccola sarebbe nata nell'ospedale di Coombe, a Dublino, nel 2006. L'ospedale ha però comunicato che ciò non corrisponde alle informazioni contenute nel proprio database. La coppia sarà allora sottoposta al test del dna per accertare la provenienza della bimba. Proprio questo esame ha fatto emergere la tremenda verità nel caso di Maria.

A far scattare i controlli è stata la segnalazione di qualcuno che aveva notato la piccola con dei tratti somatici anomali per una bambina rom. Ora le autorità irlandesi hanno affidato la piccola ai servizi sanitari e sociali (Hse).

MARIA FORSE DOVEVA ESSERE VENDUTA Emergono intanto nuovi particolari sul caso di Maria, la bimba trovata in Grecia. Gli investigatori stanno considerando la possibilità che i trafficanti di bambini avessero intenzione di vendere la piccola a una famiglia benestante tramite un'adozione illegale, ma che poi, sentendosi accerchiati dalla polizia, avessero fatto saltare l'affare. Per questa ragione, seondo gli inquirenti, Maria sarebbe stata lasciata alla coppia rom presso la quale è stata poi ritrovata.

FONTE: Andrea Andrei 

lunedì 21 ottobre 2013

Un mare di soldi non sfruttati Al vento 9 miliardi di fondi Ue



Regioni e ministeri non comunicano. E l'Europa taglia gli aiuti
UNO STATO che massacra i cittadini di tasse e non riesce a spendere i soldi che avrebbe a disposizione. È il grande paradosso italiano dei fondi europei. Mentre la Legge di stabilità spacca il capello in quattro per recuperare qualche milione, il Governo sta buttando dalla finestra, mese dopo mese, una cifra che potrebbe valere tra gli otto e i nove miliardi fino al 2015: il doppio dell’Imu sulla prima casa. Colpa di amministrazioni che non sanno gestire la grande mole di denaro che avremmo a disposizione: Regioni e ministeri non riescono a coordinarsi e i cittadini perdono le uniche risorse disponibili per gli investimenti.
Partiamo dal quadro generale, ricavato attraverso i dati del ministero della Coesione territoriale. Entro la fine del 2013 l’Italia deve impegnare un totale di 27,9 miliardi di euro e deve poi spenderli entro il 2015. La quota maggiore riguarda il Fondo europeo di sviluppo regionale (21 miliardi), mentre il resto è appannaggio del Fondo sociale europeo (6,9 miliardi). Il primo è lo strumento per la politica regionale della Commissione europea, mentre il secondo serve soprattutto a sostenere l’occupazione. A questi soldi vanno aggiunti 21,5 miliardi di cofinanziamento con fondi nazionali, arrivando così a 49,4 miliardi: ogni volta che arriva un euro dall’Europa, i paesi membri devono investire qualcosa di tasca propria.


IL NOSTRO paese ha cominciato a spendere questi soldi nel 2007 e ha poco più di due anni di tempo per chiudere il lavoro. Eppure, secondo i numeri aggiornati allo scorso maggio, siamo molto indietro rispetto alle scadenze. Abbiamo, infatti, raggiunto appena il 40% della dotazione totale spendendo, con il cofinanziamento nazionale, soltanto 19,7 miliardi di euro. Questo significa che, nel (poco) tempo che ci rimane, abbiamo ancora da impiegare circa trenta miliardi complessivi, 17 dei quali in arrivo da Bruxelles.
La colpa, paradossalmente, è delle amministrazioni che non riescono a spendere questo denaro, sia a livello locale che a livello centrale. Dialogare con l’Ue è difficile e il personale qualificato a utilizzare i fondi è poco e oberato di lavoro. Così, andando nel dettaglio delle spese, si scopre che i ritardi si annidano ovunque. Il Lazio, ad esempio, ad oggi ha speso 324,3 milioni di euro: soltanto entro la fine del 2013 dovrebbe utilizzarne circa 100 in più. Ma è soprattutto il Sud che sta sprecando risorse importanti: la Calabria, ad esempio, entro la fine dell’anno dovrebbe spendere 123,5 milioni, la Sicilia 220 e la Puglia, addirittura, 250.


ANCHE SE il problema non riguarda soltanto le Regioni ma anche diversi fondi gestiti a livello centrale. Il programma operativo nazionale ricerca e competitività è governato dal ministero dello Sviluppo economico e da quello dell’Università e ricerca. Dovrebbe servire al sostegno delle aree svantaggiate del paese, ma nei primi cinque mesi del 2013 non è stato praticamente utilizzato. Il programma attrattori culturali, che dovrebbe promuovere il turismo, in un anno ha speso la miseria di 12 milioni di euro. Il programma dedicato all’energia rinnovabile e al risparmio energetico nella prima parte del 2013 non è arrivato neppure a otto milioni di euro totali.
Questa situazione, però, preoccupa soprattutto se osservata da una prospettiva globale. Nel giro di due anni dobbiamo ancora spendere 17 miliardi di euro di denaro europeo, una cifra pesante, pari a oltre tre volte l’Imu sulla prima casa.
Proseguendo a questo ritmo, Bruxelles ci toglierà certamente qualcosa, perché non riusciremo a impiegare tutto il denaro in tempo. Secondo le proiezioni più accreditate, è a rischio una cifra che oscilla tra gli otto e i nove miliardi di euro.

FONTE: Matteo Palo (qn.quotidiano.net)

domenica 20 ottobre 2013

Onu, lo sfregio dell’Arabia Saudita “No al seggio al Consiglio di sicurezza”


«Incapace di porre fine alle guerre e trovare una soluzione ai conflitti». Il gesto in dissenso con l’accordo Usa-Russia sulle armi di Assad

Mentre la prima positiva tornata di colloqui sul nucleare iraniano comincia a far credere all’occidente che un accordo con Teheran sia davvero possibile, Riad sbatte la porta in faccia all’Onu rinunciando al seggio appena ottenuto al Consiglio di Sicurezza in polemica con la politica internazionale sulla Siria a suo dire fallimentare. 

Il regno saudita non ha mai fatto mistero di aver mal digerito l’intesa tra Mosca e Washinton sulla distruzione delle armi chimiche di Assad, convinto che si tratti di un escamotage russo per regalare tempo al regime contro cui si battono i ribelli armati in gran parte proprio da Riad. Il nuovo corso inaugurato dal neoeletto presidente Rohani poi, ha moltiplicato i motivi di apprensione allineando sempre più la posizione di re Abdullah a quella israeliana, una comunanza d’interessi e strategie che si estende dall’Egitto (entrambi i paesi guardano con favore al golpe militare che ha deposto Morsi), a Gaza (dove Hamas non è benvisto da nessuno dei due), fino ovviamente all’Iran, di cui l’Arabia Saudita teme le mire espansionistiche nella regione almeno quanto Israele contrasta le ambizioni nucleari. 

Adesso, a sorpresa, il gran rifiuto. In un comunicato diffuso dall’agenzia ufficiale saudita il ministro degli esteri fa sapere di considerare il Consiglio di Sicurezza “incapace di porre fine alle guerre e trovare una soluzione ai conflitti” dal momento che non ha osservato i suoi doveri nella guerra in Siria lasciando al presidente Assad campo libero per massacrare il suo popolo, con o senza le armi chimiche. Nella Siria in cui il numero delle vittime ha superato quota 120 mila i gas letali, la ormai celebre linea rossa di Obama, hanno ucciso una percentuale molto bassa di persone. E’ la prima volta che l’Arabia Saudita viene chiamata a sedere tra i Paesi membri non permanenti - e dunque senza diritto di veto - del Consiglio di Sicurezza. Diversamente da Russia e Cina, che da due anni impediscono all’Onu di usare la mano pesante con Damasco, e degli Stati Uniti, che hanno sempre usato il veto per difendere Israele, Riad non avrebbe potuto bloccare alcuna risoluzione. Tanto meglio conquistare la platea mediatica rinunciando. 

“Il regno ritiene che i metodi, gli strumenti di lavoro, i doppi pesi e le doppie misure adottate attualmente dal Consiglio di Sicurezza rendano l’organo incapace di svolgere i suoi doveri e di assumersi la responsabilità nei confronti del mantenimento della sicurezza e della pace e contribuiscano ad approfondire il divario delle ingiustizie dai popoli e a violentare i diritti” spiega Riad, aggiungendo di battersi “da anni affinché vengano compiute le riforme necessarie per mettere il Consiglio di Sicurezza davvero al servizio della sicurezza e della pace nel mondo”. Una posizione che non prevede obiezioni circa la propria attitudine alle riforme e il rispetto dei diritti. Ma che, per guadagnare un punto presso gli arabi, assesta piuttosto un colpo all’amico israeliano: “La questione palestinese è da 65 anni la prova più evidente dell’incapacità dell’azione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. E pensare che negli scenari di guerra contro l’Iran ipotizzati dall’intelligence israeliana una delle poche certezze è la collaborazione di Riad. 

FONTE: Francesca Paci (lastampa.it)

venerdì 18 ottobre 2013

India, i marò nel Paese con il record negativo di stupratori, schiavisti e rapitori


Ci sono 14 milioni di persone in stato di grave costrizione: è il primato mondiale. Senza dimenticare le violenze carnali giornaliere


L’India è la più grande democrazia del mondo, una potenza nucleare e un’economia emergente dei Brics, da cui il crescente orgoglio nazionalista che complica il problema dei due marò detenuti. Purtroppo però è anche un Paese che finisce spesso nelle cronache per una quantità di comportamenti raccapriccianti: dagli stupri selvaggi ai periodici e feroci pogrom contro minoranze religiose. Adesso salta fuori che contiene quasi metà di tutti gli schiavi ancora esistenti al mondo. A seconda delle stime, tra i 13.300.000 e i 14.700.000, su una quantità planetaria attorno ai 29,8 milioni.
A dare le cifre è il rapporto Global Slavery Index 2013, appena reso noto da Walk Free: un’organizzazione umanitaria australiana che ha tra i propri sostenitori Hillary Clinton e Bill Gates. Non è la percentuale più alta in senso relativo: quest’altro infame primato appartiene alla Mauritania, con il 4% della popolazione in condizioni di schiavitù. E non ci sono Paesi del tutto al riparo. Includendo nelle forme di schiavitù moderna non solo le sopravvivenze dell’istituto arcaico ma anche la servitù per debito, il matrimonio forzato, la vendita e sfruttamento di bambini, il traffico di umani e il lavoro forzato, nella stessa Italia sarebbero state conteggiati 7919 schiavi. Perfino nella remota e civilissima Islanda, ultima della lista, ci sarebbero 22 schiavi. Ma l’India ha la più alta cifra assoluta, superando di gran lunga i 2.949.243 della Cina, i 2.127.132 del Pakistan, i 701.032 della Nigeria, i  651.110 dell’Etiopia, i 516.217 della Russia, i  472.811 della Thailandia, i 462.327 del Congo, i 384.037 della Birmania e i 343.192 del Bangladesh. Come ha denunciato il direttore generale di Walk Free, Nick Grono, «l'India ha una situazione particolare, perché le persone vengono emarginate e discriminate dalla comunità anche per motivi di casta. Intere comunità nei villaggi del nord ridotte alla condizione di schiavi, costrette a fabbricare mattoni o a lavorare nelle cave. I bambini devono lavorare sui telai per fare i tappeti che vengono venduti nei nostri negozi». 
«Secondo Paese più popoloso al mondo», spiega il rapporto, «l’India esibisce lo spettro completo delle differenti forme di moderna schivitù, da gravi forme di schiavitù per debiti che si trasmettono da una generazione all’altra attraverso varie attività fino alle peggiori forme di lavoro infantile, sfruttamento commerciale del sesso, e matrimonio forzato». E in questo «Paese di vaste dimensioni», la cifra di quasi 15 milioni di schiavi è addirittura ottimista, visto che ad esempio il problema del debito ereditario riguarda 65 milioni di persone. Dipende da un margine di scelta abbastanza arbitrario decidere se rientrino nella fattispecie della schiavitù solo alcune delle vittime, o non piuttosto tutte.  Altri sono vittime del sistema delle caste o di obbligazioni di tipo consuetudinario. Un’altra caratteristica del problema della schiavitù in India e che mentre altrove il problema riguarda lavoratori immigrati o appartenenti a minoranze etniche, «il 90% del traffico di schiavi in India è interno». Molti non si sono neanche mai mossi da un posto all’altro. Come spiega il rapporto, «sono tenuti in schiavitù nei loro stessi villaggi».  Altri con false promesse di un impiego normale sono stati portati dalle campagne nelle grandi città, dive costituiscono un’aliquota importante della manodopera in campi come la costruzione, il tessile, la fabbricazione di mattoni, le miniere, il processamento di pesci e gamberetti o l’industria alberghiera.

FONTE: Maurizio Stefanini (liberoquotidiano.it)

mercoledì 16 ottobre 2013

Trise, Tasi, Tari: come cambia la tassa sulla casa

LA MANOVRA CHE NON PIACE 
Tutte le tasse sulla casa: 
ecco chi pagherà di più


Secondo i calcoli della Cgia di Mestre un proprietario di prima casa pagherebbe di più rispetto al 2013

La Service Tax ha finalmente un nome: si chiama Trise (o tributo sui servizi), che ingloba l'Imu e laTares e che si dividerà, a sua volta, nelle due branche del Tasi e del Tari, il primo sui cosiddetti servizi indivisibili dei Comuni, mentre il secondo riguarderà il volume di rifiuti prodotto.
Con questa nuova tassa il governo ha ottenuto l’obiettivo di differenziare il contenitore del Trise, in modo da consentire a proprietari degli immobili e inquilini di pagare ciascuno la propria quota in commisurazione ai servizi usufruiti. Così, la Tari altro non sarà che una tariffa dipendente dalla superficie in passato utilizzata come indicatore della Tarsu, che poi verrà puntualmente bilanciata sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti.La Tasi, che prenderà il posto dell’Imu e si riferirà agli stessi criteri di applicabilità e imponibilità, resterà un tributo, con aliquota dell’1 per mille che potrà essere innalzata dai singoli Comuni fino al massimo del 6 per mille. Diversamente da quanto anticipato nei mesi scorsi, però, l’Imu non andrà in soffitta: la sua imponibilità resterà tale per le case di lusso e sulle seconde case. Insomma, a conti fatti, l’abolizione resterebbe solo parziale, per quelle fasce già esentate dalle rate di giugno e dicembre 2013.
I costi - Il nuovo tributo sui servizi comunali che partirà dall'anno prossimo, secondo la Cgia di Mestre ha i suoi pro e i suoi contro: secondo i suoi calcoli un proprietario di prima casa pagherebbe di più rispetto al 2013 ma meno rispetto al 2012. " Ciò - sottolinea una nota - è dovuto al fatto che nel 2012 la prima casa era soggetta all'Imu, mentre quest'anno l'imposta sulla prima casa è stata abolita". L'associazione ha preso come riferimento un'abitazione di tipo civile di categoria A2, con una superficie di 114 metri quadri, ovvero il valore medio nazionale, e una rendita catastale di 625 euro: per chi si trova in questa situazione, il conto da pagare nel 2014 dovrebbe essere di 369 euro, di cui 264 per la componente rifiuti e 105 per la parte dei servizi, con un aumento di 71 euro rispetto al 213 e un calo di 147 sul 2012. L'analisi è stata realizzata considerando, per l'anno 2012, l'importo del servizio di asporto rifiuti e dell'Imu sostenuto da un proprietario di prima casa; per l'anno 2013 si è invece considerato solo l'importo della Tares (tassa sui rifiuti), comprensivo della maggiorazione di 30 centesimi al metro quadrato; infine, per l'anno 2014, si è calcolato l'esborso derivante dall'introduzione della Trise, la nuova tassa che dovrebbe essere composta dalla somma della Tari (ex Tarsu/Tia/Tares) e della Tasi (tassa sui servizi indivisibili) che in queste simulazioni è ipotizzata con aliquota all'1 per mille.
Il confronto  Ma praticamente che cosa cambierà? In una tabella realizzata dal Sole24Ore, vengono prese in considerazione tre ipotesi: quella dell'abitazione principale, quella di una casa sfitta e di una affittata e si confronta la spesa dal 2012 al 2014. Se per l'abitazione principale, un trilocare di 100 metri quadrati in zona residenziale, tra Imu e Tarsu, si spendeva nel 2012 737 euro. Nel 2013 con la  Tares si è speso 390 euro, nel 2014 la nuova Tasi (considerata ad aliquota standard) e Tari spenderemo 535 euro. Per un'abitazione sfitta dello stesso tipo nel 2012 si pagava 2.141,2 tra Imu e Tarsu, nel 2013 la cifra è scesa a 2.070, nel 2014 arriverà a 2.388. Per quanto riguardaun'abitazione affittata dai 2.141 euro del 2012, si è passati ai 2070 del 2013 e nel 2014, con la Tasi e Tari si pagheranno 2.215 euro. 

FONTE: liberoquotidiano.it

martedì 15 ottobre 2013

Letta: tasse in calo per famiglie e aziende. Cancellati i tagli alla Sanità

Alfano, Letta, Saccomanni e Mauro (foto Claudio Peri - Ansa)

Per i lavoratori 5 miliardi di tasse in meno in 3 anni. Alfano: finita fase antibiotici, ora vitamine. La Cgil: manca equità


Via i tagli alla sanità e meno tasse per lavoratori e imprese. E' quanto prevede la legge di Stabilità, le cui linee guida sono state illustrate da Enrico Letta in una conferenza stampa durante una pausa del Consiglio dei ministri.

«Per la prima volta da tempo siamo riusciti a fare una legge di Stabilità dove i conti quadrano senza aumentare le tasse e senza tagli al sociale e alla sanità», ha detto il premier, annunciando anche che non ci saranno tagli alla sanità, come previsto invece dalle bozze circolate negli ultimi giorni.

«Questa manovra rafforza il potenziale di crescita economica e dà nuovo stimolo alla ripresa», ha detto il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni.

Con le misure prese con la legge di stabilità ci sarà un calocomplessivo delle tasse nel triennio dal 44% «al 43,3%», un calo delle tasse «che per famiglie e imprese comincia subito», ha detto il premier sottolineando che l'intervento complessivo per il 2014 è di 11 miliardi e mezzo.

«Per i lavoratori nell'arco del triennio ci sarà una riduzione delle tasse di 5 miliardi di euro», ha detto ancora Letta. Arriva una «riduzione di tasse per le imprese di 5,6 miliardi con una curva crescente nell'arco del triennio», ha continuato il premier sottolineando che «c'è una significativa riduzione delle tasse per famiglie, lavoratori ed imprese. Siamo convinti e speriamo di fare di più in prospettiva». Con la legge di stabilità arriva poi 1 miliardo di "sconti" per per le ristrutturazioni edilizie e l'eco bonus e il rifinanziamento di 1,6 miliardi per il fondo di garanzia per le piccole imprese.

Nella legge di stabilità «non c'è» l'aumento dell'aliquota delle rendite finanziarie, ha precisato il premier, che ha però parlato di un ritocco dei bolli per la tenuta dei depositi titoli.

«Entro fine anno il governo metterà in campo una serie di privatizzazioni che porteranno la riduzione del debito pubblico per il 2014, 2015, 2016», ha poi sottolineato Letta.

«Abbiamo mantenuto impegni con Bruxelles, siamo usciti dalla procedura di deficit eccessivo. E oggi duplice premio: per prima volta è la prima legge di stabilità che non comincia con sforbiciata di tagli di nuove tasse che servono per Bruxelles», ha sottolineato ancora il premier. «La Legge di stabilità è fatta per forza di cose di due tempi: oggi e il passaggio parlamentare. Abbiamo dovuto correre e ci saranno aggiustamenti che per forza di cose saranno messi a punto».

«Abbiamo rispettato la data 15 del ottobre benchè le tensioni politiche che ci sono state nel mese scorso hanno reso non semplicissimo il nostro lavoro ma abbiamo corso e oggi approveremo la legge di stabilità», ha aggiunto Letta. «Il 2 ottobre eravamo nel rodeo, correndo siamo arrivati qui, l'impianto potrà essere migliorato in Parlamento ma è molto importante».

Si torna a votare solo di domenica. Nella legge di stabilità si prevede lo «stop» a quella che è una «anomalia italiana»: alle elezioni si voterà in un giorno solo, di domenica, e non in due. Lo ha annunciato il premier parlando di un risparmio di 100 milioni.

«È finita la fase degli antibiotici, ora iniziata la fase delle vitamine», ha affermato il ministro dell'Interno e vice premier, Angelino Alfano. «Abbiamo scelto una ricetta di politica economica che riteniamo la migliore: riduzione della spesa pubblica, del debito e delle tasse».

Niente tagli alla sanità. Per la prima volta negli ultimi 10 anni, come sottolinea subito il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, non si batte cassa con il Servizio sanitario nazionale per recuperare risorse da mettere nella legge di stabilità. Una boccata di ossigeno che adesso permette di guardare al futuro, commentano a caldo le Regioni, anche perché, come dice con orgoglio sempre il ministro, così si è «messa in sicurezza la salute degli italiani per i prossimi anni» e adesso ci sono «le basi per fare una buona sanità». «I due miliardi di ticket sono coperti», ha poi assicurato Lorenzin.

Le prime indicazioni sulla Legge di Stabilità «non convincono» la Cgil secondo la quale nel provvedimento presentato questa sera «manca un chiaro segnale di equità e chiare indicazioni in direzione di ridistribuzione del reddito». Lo fanno sapere dalla Cgil.

FONTE: ilmessaggero.it

giovedì 3 ottobre 2013

Tragedia a Lampedusa, l'Europa accusa l'Italia, ma la colpa è della Ue


La tragedia di Lampedusa ha inevitabilmente aperto il dibattito (in realtà mai chiuso) sulla Bossi-Fini.  Proprio ieri, 2 ottobre, un rapporto dell'Europa accusava l'Italia per le politiche sull'immigrazione. L'ennesima tragedia del mare arriva all'indomani di questo rapporto che aveva giudicato "sbagliate o controproducenti" le misure prese in questi ultimi anni dall'Italia per gestire i flussi migratori. In un rapporto approvato all'unanimità dalla commissione migrazioni dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa si sottolinea che quanto fatto sinora non ha messo "l'Italia in grado di gestire un flusso che è e resterà continuo". Il rapporto critica  i ritorni forzati di immigrati in paesi, come la Libia, dove rischiano la tortura, se non la vita, la gestione dei Cpt, la decisione di dichiarare continuamente lo stato d'emergenza per "adottare misure straordinarie al di la dei limiti fissati dalle leggi nazionali e internazionali". Nel testo si afferma poi che "a causa di sistemi di intercettazione e di dissuasione inadeguati", l'Italia si è di fatto trasformata in una calamita per l'immigrazione, in particolare per gli immigrati che cercano una vita migliore all'interno dell'area Schengen. E come se non bastasse nel documento si afferma che alcune delle scelte fatte dalle autorità italiane "rischiano di minare la fiducia nell'ordine legale europeo e nella Convenzione di Dublino".  La verità è che l'Europa è rimasta sempre a guardare, limitandosi a bacchettare l'Italia senza mai intervenire sul tema. 
L'accusa di Napolitano - L'accusa all'Europa arriva anche da Giorgio Napolitano: "Non si può girare attorno alla necessità assoluta di decisioni e azioni da parte della Comunita' internazionale e in primo luogo dell'Unione Europea". . "E' indispensabile - sottolinea il Capo dello Stato - stroncare il traffico criminale di esseri umani in cooperazione con i Paesi di provenienza dei flussi di emigranti e richiedenti asilo. Sono pertanto indispensabili presidi adeguati lungo le coste da cui partono questi viaggi di disperazione e di morte". "E, tanto per cominciare, non e' accettabile che vengano negati a un'istituzione valida creata dalla Commissione Europea - il Frontex - mezzi adeguati per intervenire senza indugio". D'accordo con lui Roberto Maroni. Dello stesso parere i deputati del Movimento Cinque Stelle che, in una nota scrivono: "Le responsabilità di questa tragedia sono tutte dell'Unione europea, che abbandona l'Italia a se stessa senza colpo ferire. Da Bruxelles sono pronti a intervenire sull'economia del nostro Paese, portandoci verso una disastrosa crisi sociale. Quando invece al centro ci sono i diritti e una norma liberticida come la nostra legge sull'immigrazione non fa nulla. Lascia l'Italia al proprio destino, e ancor peggio e' complice della morte di migliaia di immigrati nel Canale di Sicilia ed in altri scenari. Il ministro Alfano piuttosto che fare un'inutile passerella situazionista a Lampedusa vada a Bruxelles per chiedere un intervento comunitario. Il MoVimento 5 Stelle ha gia' chiesto e continua a chiedere un tavolo europeo sull'immigrazione. Non si puo' piu' rimandare"
L'affondo di Grasso e la replica di Bossi - Appena si è avuta contezza dell'enormità della tragedia, si sono susseguite le dichiarazioni dei politici. Della necessità di cambiare la Bossi-Fini ha parlato anche il presidente del Senato Pietro Grasso che ha detto: "Quella che è avvenuta a Lampedusa   è una tragedia enorme, della quale ancora non conosciamo l’entità.  Immaginare l’orrore dei cinquecento migranti su quel barcone in fiamme  che si è inabissato è impossibile.   "Il richiamo alla responsabilità, all’accoglienza e al soccorso  di chi fugge da situazioni disperate - aggiunge il presidente Grasso -   deve essere sentito da tutte le forze politiche e deve portare a una  revisione della nostra legislazione in materia e a una più attenta gestione dei flussi migratori. Noi non possiamo lasciare al loro   destino i migranti, l’Italia non deve essere lasciata sola dall’Europa: questa sfida coinvolge tutta la comunità internazionale   sia nell’accoglienza che nel sostegno ai paesi di origine, affinchè   la fuga non sia la sola speranza. Prioritaria in questo senso la   creazione di un corridoio umanitario per i profughi e la repressione   della tratta di esseri umani entre le operazioni sono ancora in corso - conclude il   presidente del Senato - invio un sentito ringraziamento a tutti coloro   che, a vario titolo, stanno prodigandosi per il soccorso e il   salvataggio". Arriva immediata la replica di Umberto Bossi: "E' perfetta, non  va cambiata. E’ l'unica piccola difesa rimasta al Paese. Bisogna stare attenti a non dare messaggi sbagliati, sennò la gente arriva qui in massa", ha spiegato Umberto Bossi. "Sbagliano tutti coloro che mandano messaggi che attirano la gente - ha aggiunto il Senatur - non solo Kyenge-Boldrini, è un problema della sinistra". 
La rassegnazione della Bonino  Il ministri degli Esteri parla di: "Una tragedia infinita”, di “un dramma inenarrabile. "Gli esodi - ha detto il   ministro a margine dell’incontro con l’omologo saudita Saud al-Faisal   a Villa Madama - non hanno una soluzione miracolosa, altrimenti  l'avremmo già trovata e perseguita”.   Il ministro ha aggiunto che a Lampedusa la tragedia è stata   aggravata dal fatto che “è avvenuta di notte” e “ormai fa freddo, non sanno nuotare, non sanno dove andare, insomma una tragedia   infinita”.La Bonino ha infine precisato che “le dinamiche di questo   dramma inenarrabile saranno chiarite nelle prossime ore, so che il  ministro degli Interni andrà in loco”.
Le parole della Boldrini - L’Aula della Camera ha osservato un minuto di silenzio in segno di cordoglio per le vittime di Lampedusa. "C'è una nuova immane tragedia che questa mattina ha fatto irruzione nella cronaca e nel nostro lavoro", ha detto la presidente Laura Boldrini nel prendere la parola.   "La sua dimensione è tremenda: oltre 90 morti tra cui bambini e donne incinte e non è affatto certo che questo pesantissimo bilancio sia definitivo. Una strage sconvolgente, ma possiamo dircene sorpresi", ha proseguito. "I motivi che spingono queste persone a mettersi in viaggio sono sempre gli stesi da troppi anni: guerre, persecuzioni e violazioni di diritti umani", ha ricordato.   "E' questo l’aspetto che più turba: il fatto che assistiamo da tempo a drammi identici sentendoci coinvolti, pronunciando parole di sincera commozione, ma senza individuare soluzioni", ha sottolineato. "Le parole giuste le ha trovate ancora una volta Papa Francesco che l’ha definita semplicemente 'una vergognà", ha spiegato. 

FONTE: liberoquotidiano.it

mercoledì 2 ottobre 2013

Sardegna, un neozelandese compra Budelli


Per 3 milioni di euro, si "porta a casa" Budelli e la sua magnifica spiaggia rosa


E' un mecenate dell'ambiente neozelandese il nuovoproprietario dell'isola di Budelli. Costa nord della Sardegna, bocche di Bonifacio, arcipelago della Maddalena: Budelli è un paradiso sulla terra. Rinomata per la sua spiaggia rosa e sottoposta agli stringenti vincoli dell'Ente parco della Maddalena, la proprietà dell'isola passa per poco meno di 3 milioni di euro a Michael Harte, facoltoso uomo di origine neozelandese che ha vinto l'asta bandita dal tribunale di Tempio Pausania.
All'asta - Il nuovo proprietario di Budelli sarebbe impegnato in diversi progetti di tutela dell'ambiente e avrebbe già pronto alle autorità competenti un piano di tutela dell'isola. Harte subentra nella proprietà auna società immobiliare svizzera, nel frattempo fallita.
La mano pubblica - L'isola sarda è abitata da una sola persona (il custode), vi si può sbarcare solo sotto sorveglianza ed è sottopota a vincoli. Il presidente dell'ente parco, Giuseppe Bonanno, avrebbe preferito riportarne la proprietà allo Stato. "Nel corso dei mesi abbiamo provato a verificare tutte le possibilità giuridicamente percorribili - ha commentato - per acquisire al patrimonio pubblico un bene ambientale che giudichiamo inestimabile". Ma non è stato possibile: "La legge distabilità 2013 lo ha impedito", aggiunge Bonanno.

FONTE: liberoquotidiano.it

martedì 1 ottobre 2013

Istat, disoccupazione al 12,2%. Il 40,1% dei giovani senza lavoro


Cresce anche il dato globale: è al 12,2%, mai così male dalla prima trimestrale

Un mese fa, secondo i dati di giugno e luglio scorsi diffusi dall'Istat, sfiorava il 40%. Oggi la disoccupazione giovanile sfora quella percentuale e raggiunge l'iperuranica quota del 40,1%. Ad agosto, sempre secondo l'Istituto Italiano di Statistica, il tasso è aumentato di 0,4 punti percentuale su luglio e 5,5 punti su base annua. Ma l'allarme non riguarda solo i giovani. Aumenta anche il tasso di disoccupazione nazionale: dal 12,1% al 12,2 per cento. Due record negativi, quello della disoccupazione giovanile e quello nazionale: dal 1977, primo anno in cui furono realizzate le prime serie trimestrali, i senza lavoro non erano mai stati così tanti.

Le cifre - Ad agosto l'occupazione maschile diminuisce dello 0'4% in termini congiunturali e del 2,8% su base annua. Quella femminileinvece cresce dello 0,5% rispetto a luglio e dello 0,4% nell'anno. Ma rispetto a luglio, la disoccupazione cresce sia per la componente maschile (+1,7%) sia per quella femminile (+1,0%) e anche in termini tendenziali (per gli uomini +18,9%, per le donne +9,4%). Il tasso di disoccupazione maschile, pari all’11,7%, aumenta di 0,2 punti percentuali su mese e di 1,9 punti su anno; quello femminile, pari al 12,9%, aumenta di 0,1 punti rispetto al mese precedente e di 0,9 punti su base annua.

Attivi e inattivi - Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuisce dello 0,3% rispetto al mese precedente (-42 mila unità) e dello 0,8% rispetto a dodici mesi prima (-113 mila). Il tasso di inattività si attesta al 36,3%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,2 punti su base annua. I dati Istat arrivano nel giorno del cosiddetto "clic day", ovvero la giornata in cui sarà possibile prenotare gli incentivi per le assunzioni degli under 30. Ma c'è chi vede già il flop nell'iniziativa. Il leader Uil Luigi Angeletti afferma che "il clima non ispira. Non vedo imprese che al di là delle belle parole mettono i soldi". Mi aspetto che il clic day sia un flop".

FONTE: liberoquotidiano.it