sabato 6 giugno 2015

Mafia Capitale: per la Cupola 60 milioni di fatturato all’anno

 
 
Accordi fra schieramenti politici opposti per spartirsi appalti e business. Il caso della Regione Lazio e della gara per il Recup e il ruolo di Odevaine al Viminale
 
Accordi tra schieramenti politici opposti per modificare le commissioni aggiudicatrici e spartirsi la torta degli appalti. Era questo uno dei sistemi, forse il principale, utilizzati al Campidoglio, alla Regione Lazio e al Viminale per accaparrarsi gli affari milionari legati alla gestione dei centri di accoglienza per i migranti, ma anche di altre commesse pubbliche come quella del Recup, il centro unico di prenotazione della Pisana.
I «patti segreti» per la spartizione
 
Gli atti processuali dell’inchiesta sull’organizzazione criminale di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati rivelano in che modo siano riusciti a portare il proprio fatturato annuo oltre i 90 milioni di euro, riconoscendo ai propri referenti una percentuale tra il 5 e il 10 per cento. Nei provvedimenti di perquisizione che venerdì 5 giugno hanno portato i carabinieri del Ros nelle sedi delle cooperative che si sono aggiudicate i bandi e nelle case e negli uffici degli indagati è ben delineato quali fossero i «patti corruttivi» che i magistrati della procura di Roma contestano nel nuovo filone d’indagine a quei politici che hanno «pilotato» le gare. Ma anche il livello di minaccia che Buzzi esercitava sui responsabili delle altre cooperative che non accettavano le sue condizioni sulla divisione dei vari lotti messi a disposizione dalle amministrazioni pubbliche. Capitolo a parte riguarda il sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione, indagato già da vari mesi dai pubblici ministeri di Catania competenti per il centro di Mineo dove agiva incontrastato il delegato del ministero dell’Interno, Luca Odevaine.
Venafro, Gramazio e il commissario
 
Uno degli accordi contestati dai pm è quello tra il consigliere Pdl alla Regione, Luca Gramazio, finito in carcere, e il capo di gabinetto Maurizio Venafro, che per questo è stato indagato. Al centro, il Recup da 60 milioni di euro nel quale Buzzi e soci si aggiudicarono il terzo lotto, esattamente come avevano chiesto. Secondo la contestazione per ottenere questo risultato si decise di cambiare i componenti della commissione, garantendo la presenza di Angelo Scozzafava accusato di essere uno dei funzionari a libro paga e per questo arrestato due giorni fa. Il 19 marzo scorso viene interrogata Elisabetta Longo - presidente della commissione indagata per favoreggiamento e false dichiarazioni ai pm - «la quale ammette di aver inserito il dottor Scozzafava quale componente della commissione di gara su indicazione del capo di gabinetto del presidente della Regione Maurizio Venafro». Poco dopo i pubblici ministeri ascoltano lo stesso Venafro. Annotano adesso nel decreto di perquisizione: «Venafro ha riconosciuto di aver fornito “l’indicazione alla dottoressa Longo e che lo stesso gli era stato fornito da Gramazio, inizialmente capogruppo Pdl, ma rimasto principale interlocutore anche dopo le divisioni intervenute nel Pdl”. Venafro ha aggiunto che “le uniche lamentele venivano dagli attuali gestori del servizio che erano preoccupati che altri avrebbero potuto vincere la gara a discapito della qualità del servizio. In particolare ho incontrato più volte Marotta della cooperativa Capodarco”». L’indicazione a Gramazio per inserire Scozzafava arrivò da Buzzi perché, questa è l’accusa, «il funzionario era a disposizione del sodalizio».
 
FONTE: Fiorenza Sarzanini (corriere.it)

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