martedì 28 maggio 2013

Taglio delle Province, il governo ci riprova. Il M5S apre: da noi nessuna pregiudiziale

Domani alle Camere al via il dibattito sulle riforme. L’esecutivo chiama le opposizioni: «Dialogo con tutti»

La prima risposta del governo all’astensionismo è l’accelerazione sulle riforme istituzionali. E ritorna in agenda anche il tema dell’abolizione delle province. Il dialogo tra governo e forze politiche è in pieno svolgimento. Gli incontri dei ministri Quagliariello e Franceschini con le forze di opposizione (M5S, Sel e Fratelli d’Italia, la Lega verrà vista questa mattina) si sono tenuti ieri e, tutto sommato, sono andati bene. «Nessuna pregiudiziale sul percorso» neppure dai grillini, anche se Crimi e Lombardi fanno filtrare che presenteranno una mozione per puntare sul «coinvolgimento dei cittadini».

Sarà domani che si concretizzerà, prima nell’aula di palazzo Madama al mattino e poi a Montecitorio nel pomeriggio, il dibattito sulle riforme, con voto sulle diverse mozioni d’indirizzo. Letta parlerà in aula, prima al Senato e poi alla Camera. Lo scenario che si profila è dunque quello di differenti mozioni (una di maggioranza e diverse di opposizione) ma Quagliariello è soddisfatto: «La base comune sarà molto ampia». Non è escluso che il governo dia luce verde a parti delle mozioni delle opposizioni. Il voto finale darà vita alla cosiddetta “commissione dei 40” (20 deputati e 20 senatori) che avrà poteri referenti e non redigenti (al fine di permettere di emendare i testi in Aula da parte del Parlamento) e al cui termine dei lavori (uno o più anni, tramite procedura dell’articolo 138) si terranno più referendum confermativi sulle diverse parti della Costituzione.

Nelle mozioni non si scenderà nel merito (saranno, appunto, “di indirizzo”) ma si apprende da fonti governative che verrà stralciata, dal treno delle riforme, la parte sull’abolizione delle Province. L’intenzione del governo è quella di porre subito all’attenzione del Parlamento un ddl costituzionale per eliminare le Province in modo che, da settembre, parta subito la riforma delle autonomia locali. Nei colloqui con le forze di opposizione andati in onda ieri i ministri Quagliariello e Franceschini si sono dunque volutamente tenuti sulle generali, espungendo i temi di merito. Del resto si trattava di disegnare il percorso istituzionale sulle riforme e provare a raccogliere il più ampio consenso per avviarne il cammino.

LA LEGGE ELETTORALE
Nelle mozioni d’indirizzo sulle riforme non dovrebbero neanche essere indicati neppure i singoli capitoli d’intervento, ma solo l’intento di riformare la parte seconda della Costituzione e l’iter. Così come sarà solo consultivo il comitato di esperti e saggi di esclusiva nomina governativa. Nelle mozioni ci sarà anche un paragrafo dedicato alla legge elettorale, ma solo per indicare la necessità di intervenire sul Porcellum entro fine luglio (forse scrivendo nero su bianco “entro il 31 luglio”). Se si provasse ad addentrarsi nello specifico delle modifiche, si rischierebbe infatti di spaccare subito la maggioranza, causa la distanza tra la richiesta del Pdl di un intervento minimo e le pressioni del Pd per il ritorno al Mattarellum.

Oggi un vertice di maggioranza a Palazzo Madama sarà cruciale nel definire il testo delle mozioni che porteranno le firme di tutti i capigruppo di Pd, Pdl e Sc ma che, appunto, cercheranno di aprirsi al massimo al dialogo anche con le opposizioni. Poi Pd, presente Epifani, e Pdl, assente Berlusconi, riuniranno i rispettivi gruppi parlamentari.

FONTE: Ettore Colombo (ilmessaggero.it)

lunedì 27 maggio 2013

Amministrative, crolla l'affluenza: -15%. A Roma il calo è stato di quasi il 20%. Urne aperte fino alle 15, poi lo scrutinio

 

Nella Capitale è andata alle urne solo il 37,6% degli elettori contro il 57,2% delle precedenti elezioni. Oggi si vota dalle 7 alle 15

Per le elezioni comunali la percentuale di votanti rilevata alle 22 è stata del 44,66%, oltre 15 punti in meno rispetto alle precedenti omologhe quando i votanti furono il 60,00%. Lo si apprende dal sito del ViminaleAlle 22 ha votato a Roma il 37,69% degli aventi diritto, quasi 20 punti in meno rispetto alle precedenti omologhe, quando votò il 57,20%. Lo si apprende dal sito del Viminale.


Ecco l'affluenza alle 22 nei 16 capoluoghi di provincia: tra parentesi il dato delle precedenti consultazioni.

ROMA 37,69% (57,20)
ANCONA 40,00 (59,15)
AVELLINO 54,93 (68,91)
BARLETTA 50,85 (53,48)
BRESCIA 47,75 (70,55)
IGLESIAS 41,72 (52,89)
IMPERIA 47,68 (66,75)
ISERNIA 46,61 (53,87)
LODI 49,80 (61,43)
MASSA 46,27 (62,26)
PISA 38,72 (64,26)
SIENA 51,77 (58,37)
SONDRIO 42,99 (63,83)
TREVISO 46,82 (64,24)
VICENZA 46,58 (66,30)
VITERBO 45,79 (66,52)

Ecco l'affluenza regione per regione:

PIEMONTE 49,58% (64,79)
LOMBARDIA 47,91 (67,45)
VENETO 48,47 (66,35)
LIGURIA 44,74 (58,73)
EMILIA ROMAGNA 46,67 (65,81)
TOSCANA 42,96 (63,35)
UMBRIA 44,82 (62,64)
MARCHE 43,62 (62,02)
LAZIO 39,59 (58,14)
ABRUZZO 49,78 (60,30)
MOLISE 44,54 (53,72)
CAMPANIA 51,84 (59,40)
PUGLIA 50,55 (55,89)
BASILICATA 43,12 (51,73)
CALABRIA 45,73 (53,58)
SARDEGNA 46,81 (53,36)

Sette milioni chiamati alle urne, ma in tanti, molti di più di quanto si prevedesse, le disertano. L'affluenza nella prima giornata di voto per le elezioni del sindaco e del consiglio comunale di 564 comuni nonchè dei consigli circoscrizionali è stata alle 22 del 44,66%, più di 15 punti in meno rispetto alle precedenti omologhe, quando i votanti furono il 60%. E si tratta certamente di uno dei dati più bassi delle ultime tornate elettorali. Le percentuali di votanti sono in calo quasi ovunque, con un crollo al di sopra di ogni aspettativa nella Capitale dove alle 22 ha votato solo il 37,69% degli aventi diritto, quasi 20 punti in meno rispetto alle precedenti omologhe, quando votò il 57,20%. In Lombardia ha votato il 47,91% degli aventi diritto contro il 67,45% delle precedenti elezioni. 95 i comuni coinvolti di cui tre capoluoghi: Brescia (47,75% l'affluenza contro il precedente 70,55%), dove la campagna elettorale è stata più accesa con contestazioni e tensione in piazza al comizio di Silvio Berlusconi, Sondrio (42,99 la percentuale di votanti) e Lodi (49,80).

Quarantasette i Comuni al voto (10 sopra i 15 mila abitanti) in Veneto dove l'affluenza è stata del 48,47%, quasi 18 punti in meno rispetto alle precedenti amministrative. A Treviso e Vicenza le sfide più attese, con una forte probabilità di ballottaggio. Il Piemonte (52 comuni al voto di cui solo due con oltre 15 mila abitanti) vince, invece, la partita dell'affluenza alle urne fra le regioni del nord: i votanti sono in calo come ovunque, ma il dato del 49,58% (a fronte del precedente 64,79) è il più alto fra tutte le regioni settentrionali. Niente voto nel nuovo Comune di Mappano (Torino), creato a gennaio: un ricorso al Tar ha congelato le elezioni e un comitato di cittadini ha promosso per oggi una fiaccolata di protesta.

Ancona. Freddo, pioggia in mattinata e un crollo di circa 19 punti nel dato sull'affluenza (40,00 contro 59,15 delle precedenti comunali) hanno caratterizzato la prima giornata di voto ad Ancona. Per la seconda volta consecutiva il capoluogo torna alle urne dopo la fine anticipata della consiliatura, e questo spiega forse una certa disaffezione fra i cittadini. In Umbria si vota per il rinnovo del consiglio in cinque piccoli Comuni: Corciano, Trevi, Passignano sul Trasimeno, Monte Santa Maria Tiberina (Perugia) e Castel Giorgio (Terni). Corciano è l'unico Comune per il quale è previsto l'eventuale ballottaggio.

L'affluenza è generalmente in calo nella regione rispetto alle precedenti amministrative: 44,82 (62,64 nel 2008). La Campania è la regione con l'affluenza più alta in Italia: ha votato il 51,84% degli aventi diritto (nelle ultime elezioni il dato era stato del 59,40); ad Avellino una vera debacle nell'affluenza, scesa dal 60,29 al 40,16%. In Basilicata undici (dieci in provincia di Potenza e uno in quella di Matera) i Comuni chiamati al voto. In nessun caso ci sarà bisogno del ballottaggio, perchè tutti e undici i Comuni hanno una popolazione inferiore ai 15 mila abitanti. Alle 22 l'affluenza nella regione è del 43,12% (51,73 nelle passate elezioni). Tra le curiosità della giornata una raffica di multe per propaganda elettorale, non consentita, all'ingresso delle sezioni di voto a Castellamare di Stabia (dove un candidato che pretendeva la 'prova votò tramite cellulare è stato accompagnato in commissariato), l'apertura dei seggi al fotofinish a Sulmona dove le schede elettorali sono state ristampate dopo un errore rilevato ieri dalla responsabile dell'ufficio elettorale e la singolare situazione di Montesano Salentino (Lecce) dove c'è una sola lista in lizza e quindi un solo candidato sindaco.

Si può votare oggi, lunedì 27 maggio, dalle 7 alle 15. Le operazioni di scrutinio avranno inizio nella stessa giornata, al termine delle votazioni e dell'accertamento del numero dei votanti.

Come si vota. La scheda sarà di colore azzurro nei comuni fino a 15 mila abitanti, dove si potrà votare per una delle liste, tracciando un segno sul relativo contrassegno; per un candidato a sindaco, tracciando un segno sul relativo nominativo; per un candidato a sindaco, tracciando un segno sul relativo nominativo, e per la lista collegata, tracciando un segno anche sul relativo contrassegno. In tutti i casi, il voto si intenderà attribuito sia al candidato alla carica di sindaco sia alla lista collegata.

La doppia preferenza di genere. Debutta, quest'anno, per i comuni superiori ai 5 mila abitanti, la novità della doppia preferenza di genere, che l'elettore può esprimere sulla scheda per candidati della stessa lista, purché di sesso diverso, pena l'annullamento della seconda preferenza.

Si vota in 42 Comuni del Lazio. Nel Lazio sono 42 i Comuni al voto per il rinnovo dei consigli comunali e la scelta dei nuovi sindaci, 12 dei quali con oltre 15mila abitanti: oltre ai capoluoghi di provincia Roma e Viterbo, ci sono Ferentino in provincia di Frosinone, Aprilia, Formia e Sabaudia in provincia di Latina, Anzio, Fiumicino, Nettuno, Pomezia, Santa Marinella e Velletri in provincia di Roma.
A Roma sono 2.600 le sezioni in cui si recheranno i 2.359.119 elettori di aventi diritto.

FONTE: ilmessaggero.it

martedì 21 maggio 2013

Tornado devasta Oklahoma City decine di morti, centinaia di feriti. Strage di bimbi alla scuola crollata

 
Usa, rase al suolo centinaia di case: “Un boato assurdo, poi l’apocalisse”
 
“Per favore, mandateci le vostre preghiere”. La tragedia di Moore, Oklahoma, si misura in queste parole della portavoce del sindaco: dopo aver visto i morti, i bambini portati via dal vento, la scuola distrutta, le case e le fattorie abbattute, le auto spazzate dalle strade, non ha avuto neppure la forza di chiedere aiuto. Ha domandato solo preghiere. Il bilancio ufficiale parla di 24 morti, ma le vittime potrebbero essere decine. Centinaia i feriti.

Un rumore tremendo
Il tornado ha toccato terra lunedì alle 2 e 56 minuti del pomeriggio. Era largo un paio di chilometri, spinto da venti che viaggiavano ad almeno 200 miglia orarie. Categoria 4, sulla scala Enhanced Fujita: solo un grado sotto il massimo possibile. Faceva un rumore tremendo, come quello di un terremoto o l’eruzione di un vulcano. Tutto intorno volava, e sulla terra dove passava si apriva un enorme fossato marrone e grigio. I meteorologi avevano avvertito del pericolo, ma nessuno poteva sapere quanto sarebbe stato potente e dove avrebbe colpito con precisione.

Tutti in strada
Moore, un sobborgo molto popolato di Oklahoma City, si è trovato subito sulla sua strada. Colpo diretto, fortissimo. Il tornado ha viaggiato per venti miglia, radendo al suolo tutto quello che incontrava: villette a schiera dove abitavano le famiglie del posto, pali della luce, strade, e soprattutto la Towers Elementary School, dove decine di bambini stavano terminando la giornata di scuola. Non è rimasto in piedi nulla.
In questi casi si dice che è stato come un bombardamento, la zona colpita pare un teatro di guerra. Però è anche peggio, se possibile, perché quando la natura si abbatte sugli uomini con questa forza cieca non c’è neanche la speranza di poter cambiare le cose, di evitare che si ripetano. Proprio Moore, infatti, era stata colpita da un altro mostro così nel maggio del 1999, che aveva raggiunto 302 miglia orarie.

L’inferno dei bimbi
Appena il vortice è passato, la devastazione è apparsa subito chiara in tutta la sua terribile realtà. I soccorsi sono partiti quando hanno potuto, nella maggior parte dei casi per constatare che non c’era più nulla da fare. L’attenzione si è concentrata subito sulla scuola, dove pompieri e volontari hanno iniziato a scavare con le mani tra i detriti. Alle prime luci dell’alba il bilancio parlava di almeno venti bambini morti, ma altri mancavano all’appello. Un pompiere si è avvicinato al padre di un bambino di nove anni, che cercava disperatamente qualche notizia: lo ha abbracciato, lo ha stretto, gli ha detto che doveva prepararsi all’idea che suo figlio non verrà mai ritrovato.

La regione maledetta
“Interi quartieri rasi al suolo, spazzati via”. Così ha descritto la scena il sergente Gary Knight della polizia di Oklahoma City. L’Integris Southwest Medical Center, il Deaconess Hospital, tutti gli ospedali della zona che potevano essere raggiunti in fretta hanno cominciato a vedere una processione di ambulanze. I feriti sono oltre cento, e molti in condizioni gravi. Il governatore dello stato, Mary Fallin, ha mobilitato la Guarda Nazionale per portare aiuto, e il presidente Obama ha offerto il sostegno del governo federale, l’intervento dell’agenzia per la protezione civile Fema, e purtroppo le condoglianze del paese. Non è la prima volta, per questa regione. Moore è stata colpita da quattro tornado, soltanto dal 1998 ad oggi. Il più sanguinoso di tutti, però, si era abbattuto su Joplin, Mississippi. Era il 22 maggio del 2011, morirono 158 persone. E oggi, quando il sole tornerà a scaldare l’aria, si tornerà a tremare e pregare in questa terra.

FONTE: Paolo Mastrolilli (lastampa.it)

lunedì 20 maggio 2013

Parlamentari pagati da lobby e multinazionali. Grasso: «Chi sa qualcosa denunci tutto»


Le rivelazioni dell'assistente parlamentare di un senatore. Il presidente del Senato: serve un Ddl anticorruzione

Senatori e deputati a libro paga di multinazionali e lobbisti. È quanto sostiene un assistente parlamentare intervistato dalle Iene. L'anticipazione ha provocato l'immediata reazione del presidente del Senato, Piero Grasso: «Chi sa qualcosa sui parlamentari pagati farebbe bene a denunciare questi comportamenti gravissimi». Ha affermato l'ex procuratore antimafia. «Io - ha aggiunto - mi adopererò per fornire agli inquirenti nel più breve tempo tutte le informazioni che riterranno utili alle indagini». Una risposta immediata potrebbe essere una nuova legge sul tema della corruzione e del voto di scambio: «Per quanto mi riguarda ho dimostrato di considerare la lotta alla corruzione un'assoluta emergenza depositando, il mio primo giorno da senatore, un ddl con Disposizioni in materia di corruzione, voto scambio, falso in bilancio e riciclaggio , che martedì sarà preso in esame dalla Commissione Giustizia del Senato».

FONTE: corriere.it

giovedì 16 maggio 2013

Mancano fondi, la sicurezza traballa ma gli sperperi dilagano da Roma a Catania

Il governo abolisce la festa della polizia, chiude l'ufficio della Dia a Malpensa, riduce le spese essenziali in ufficio e tra le volanti. Ma poi si scopre che sono stati spesi dall'Erario oltre 100 milioni di euro per la locazione di due mega strutture a Roma che potevano essere acquistate. Mentre a Catania sono stati sprecati 61 milioni per la futura cittadella della polizia che non è mai stata realizzata. L'ombra dei soliti gruppi di proprietari terrieri e di mediatori crea le condizioni dell'ennesimo scandalo in un settore vitale per la difesa dei cittadini.

ROMA - Il ministero dell'Interno taglia i costi. Il governo abolisce la festa della polizia che era programmata in piazza del Popolo il 16 maggio. Il Viminale chiude anche l'ufficio investigativo della Dia di Malpensa che ha svolto indagini delicatissime su due recenti scandali politici: quello dei fondi della Lega Nord (caso Belsito), e quello della corruzione della Sanità (caso Maugeri). Si tratta, complessivamente, di un risparmio simbolico, qualche migliaio di euro. Ma la spending review del Viminale, almeno al momento, non prende in considerazione quello che i sindacati denunciano da anni come uno sperpero di denaro pubblico: il costo degli affitti esorbitanti delle strutture che ospitano la Polizia. Gli affitti di caserme e uffici di proprietà di privati costano all'Erario centinaia di milioni all'anno, quando in Italia ci sono strutture demaniali abbandonate che potrebbero consentire notevoli risparmi.

Lo sperpero nella Capitale. A Roma negli ultimi dieci anni sono stati spesi dall'Erario più di cento milioni di euro per pagare la locazione dei due mega poli della sicurezza del Viminale. Il primo, all'Anagnina, ospita Criminalpol, Antidroga e Dia. Il secondo, di fronte a Cinecittà sulla Tuscolana, Stradale, Ferroviaria, Frontiera, Postale, Scientifica, Sco, Ucigos, e l'archivio. In tutto, 3 mila poliziotti. Entrambi i poli costano 13 milioni di euro all'anno.

I proprietari degli immobili. Il polo Anagnina è di proprietà dell'immobiliarista romano Renato Bocchi, in auge negli anni Ottanta e Novanta, attraverso la "Serileasing srl". Il polo Tuscolana è invece della "Coem", una SpA nella quale compaiono il Monte dei Paschi di Siena, la Sia srl (Donatella Brusadelli e Barbara Morrea, presidente, questa, del Golf club Parco di Roma), la Tuscolana iniziative srl (Corrado Pesci, figlio di Virna Lisi, Giampiero Tasco e Susanna Isgrò, proprietari della fiduciaria Melior Trust), e, infine, la cooperativa Cmb di Carpi (presidente Carlo Zini). Non è in discussione il criterio di riunire i Centri direzionali investigativi nelle due sedi. La polemica riguarda l'aspetto economico: da un parte, la decisione del Viminale (presa tra la fine degli anni Novanta e i primi del 2000) di pagare affitti così cari anziché acquistare, allora, strutture proprie. Dall'altra, vista la crisi economica di oggi, la scelta, sempre del ministero dell'Interno, di restare in quegli uffici tanto costosi (con la prospettiva di spendere nei prossimi dieci anni altri cento milioni) anziché trasferire l'"esercito" dei tremila poliziotti nelle numerose caserme dismesse in questi ultimi anni, di proprietà del Demanio.

La storia. Ecco la storia, tra luci e ombre, del trasferimento dal Viminale. Dieci anni fa l'allora ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu e l'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro coordinarono il decongestionamento dal centro storico della Capitale delle numerose sedi della Sicurezza. Un trasferimento voluto dal ministero dell'Interno "con estrema urgenza, nel più breve tempo possibile". Ma i sindacati di Polizia sollevarono numerosi interrogativi, a quei tempi, avanzando non poche riserve rimaste irrisolte. Prima di tutto, mancava il confronto con il costo precedente al trasferimento: a quanto ammontavano gli affitti delle varie sedi sparse per Roma? Si spendeva di più o di meno dei 10 milioni di euro annui per la locazione dei due mega poli Anagnina-Tuscolana?

Quel che è certo è che i proprietari degli immobili fecero un grande affare locando al Viminale le due strutture che per l'occasione beneficiarono di un cambio di destinazione d'uso (avvenuto sotto la supervisione di Angelo Balducci, all'epoca potente capo del Provveditorato ai Lavori Pubblici). La prima era un edificio in stato di abbandono (chi lo costruì, distrusse le numerose presenze legate alla villa romana di Tor di Mezzavia di Frascati). La seconda era un edificio destinato a ospitare attività artigianali in mezzo al parco dell'Appia Antica. Il cambio di destinazione d'uso, e l'attenzione del Viminale per quei due palazzi, fu provvidenziale per i loro proprietari.

Le critiche dei sindacati. Sono state numerose. "L'operazione è uno sperpero di denaro pubblico", aveva dichiarato Claudio Saltari della Uil-Polizia. "Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza - aveva aggiunto a proposito dell'Anagnina Giovanni Aliquò, dell'Associazione Funzionari dell'Interno- con un troppo remunerativo contratto di affitto, sta lanciando un salvagente a una struttura nella quale per diversi lustri né privati né enti pubblici sono voluti andare. Valutata nel 1993, 90 miliardi di vecchie lire, in virtù del contratto del Viminale l'Erario arriverà a versare 125 milioni di euro senza diventarne proprietario. Una cifra che consentirebbe di costruire una sede nuova, ben più adatta, funzionale e decorosa". "All'interno del fascicolo che abbiamo visionato al Viminale - annotavano altri sindacalisti - non è presente alcuna ricerca di mercato, nessuna proposta da parte di società interessate, come se l'Amministrazione avesse preso in considerazione solo e soltanto quell'immobile". "L'intera vicenda - conclusero all'epoca tutte le sigle sindacali - appare contorta e intricata laddove si pensi che con estrema facilità e con obiettiva carenza di documentazione si passa da una volontà di affitto a una di acquisto, per poi tornare alla decisione originaria di locazione". E ancora: "Allo stesso modo le valutazioni dell'immobile passano attraverso un vorticoso balletto di cifre con differenti valutazioni fornite non solo dalla stessa proprietà dell'immobile, ma anche da diversi organismi della Pa". I contratti sono da poco scaduti: sono stati rinnovati per altri 10 anni o il Viminale sta prendendo in considerazione strategie di spending review?

Lo sperpero a Catania. Un caso analogo di sperpero di denaro pubblico si verifica in Sicilia. In particolare a Catania dove la questura è divisa in otto edifici che costano complessivamente 3 milioni e 200 mila euro annui, quasi tutti affittati da privati. Ma non tutte queste strutture, denunciano i sindacati del Siap, sono a norma di legge, senza contare che in alcuni casi la polizia è addirittura sotto sfratto. "La maggior parte degli immobili è inadeguata - tuona Tommaso Vendemmia, del Siap - e hanno costi di manutenzione eccessivi". "La Questura si trova in un palazzo di tre piani con contratto di locazione scaduto - aggiunge - la Squadra Mobile è ospitata in locali non a norma, i locali dell'Amministrativa e dell'Immigrazione sono sotto sfratto esecutivo, il Personale e la foresteria sono nel vecchio carcere borbonico, una struttura fatiscente, anch'essa sotto sfratto perché là la Provincia vorrebbe ricavare un museo". Il commissariato Librino, infine, è in una struttura tutta verandata non adatta a uffici di polizia.

In provincia la situazione non è migliore. Il commissariato di Adrano si trova in una palazzina a tre piani, dei quali due chiusi perché inagibili. Il Reparto Mobile sta in una struttura priva di documenti di staticità con capannoni di circa mille metri quadri coperti da ondulati Eternit, cioè da tetti di amianto. Per quanto riguarda le numerose strutture non a norma, denuncia Vendemmia, "i proprietari non vogliono effettuare i lavori e la Prefettura non procede alle diffide".

La "cittadella della polizia" fantasma. Ma il paradosso a Catania è la "cittadella della polizia", un progetto per la nuova Questura avviato tra il 2004 e il 2005 da 61 milioni di euro di fondi Cipe che prevede la costruzione di un edificio nel quale ospitare i 1200 agenti catanesi. Un progetto spinto, allora, dalla Direzione tecnico logistica del ministero dell'Interno (la stessa al centro di un'inchiesta della procura di Napoli e oggetto delle rivelazioni di un "corvo" che portarono alle dimissioni dell'ex capo vicario della Polizia Nicola Izzo). Nel 2007 il prefetto Giovanna Iurato - il prefetto che a L'Aquila finse di commuoversi per il terremoto, e che poi fu indagata a Napoli per gli appalti del Viminale - si presentò a Catania per riferire, racconta Vendemmia, "che il primo lotto di 31.000.000 era stato destinato, che il progetto era esecutivo e che i lavori di costruzione sarebbero partiti alla fine di quell'anno. Dopo calò il silenzio".

Nel 2011 il Questore Pinzello emanò una nota informativa con la quale annunciava che i lavori sarebbero partiti alla fine dell'anno e sarebbero durati 810 giorni. "Ad oggi - dichiara il dirigente Siap - il terreno brullo non è mai stato calpestato da un muratore. Dei fondi stanziati, 19 milioni sono depositati al ministero delle Infrastrutture, mentre 12 sarebbero serviti, pare, per i progetti e le bonifiche del territorio". La realtà, come si vede dalle immagini del video, è che i lavori non sono mai iniziati. A quasi dieci anni da quando fu presa la decisione, la "cittadella della polizia" resta un progetto fantasma. Mentre i trenta milioni di affitti spesi nel frattempo sono, invece, realtà.

FONTE: Alberto Custodero (inchieste.repubblica.it)

mercoledì 15 maggio 2013

Assalto No Tav, la procura ipotizza il tentato omicidio

Le indagini dopo il raid al cantiere di Chiomonte la scorsa notte Nuove minacce ai lavoratori
 
Il tentato omicidio è una delle ipotesi di reato che la Procura di Torino valuta per l’attacco dell’altra notte al cantiere del Tav di Chiomonte. Il fascicolo è aperto contro ignoti. Questa mattina a Palazzo di Giustizia il capo della Digos di Torino, Giuseppe Petronzi, ha incontrato i magistrati che si occupano delle indagini. I pubblici ministeri procedono anche per danneggiamento, porto di materiale esplodente e altri reati satellite.

Il provvedimento arriva pochi minuti dopo una nuova minaccia comparsa su uno dei blog di riferimento dei No Tav e all’esame della Digos. «Gli operai che lavorano al cantiere Tav di Chiomonte hanno compiuto una scelta egoista che li mette fuori dalla comunità e li condanna a una difficile convivenza con il territorio».

Gli investigatori ritengono il post significativo rispetto ai nuovi obiettivi della frangia oltranzista del movimento No Tav. Il messaggio è stato portato anche all’attenzione dei magistrati della procura di Torino.
Dopo l’assalto con molotov e razzi bengala di due notti fa, al cantiere di Chiomonte, intanto, sono proseguiti in modo regolare i lavori e non si sono registrati altri episodi di violenza.
Questa mattina a Bussolone, dove era previsto un incontro poi annullato con i tecnici di Ltf, che avrebbero dovuto illustrare ai residenti il progetto della Tav, una decina di attivisti No Tav stanno dando vita a un presidio pacifico.

Gli investigatori ritengono il post significativo rispetto ai nuovi obiettivi della frangia oltranzista del movimento No Tav. Il messaggio è stato portato anche all’attenzione dei magistrati della procura di Torino.
Dopo l’assalto con molotov e razzi bengala di due notti fa, al cantiere di Chiomonte, intanto, sono proseguiti in modo regolare i lavori e non si sono registrati altri episodi di violenza.
Questa mattina a Bussolone, dove era previsto un incontro poi annullato con i tecnici di Ltf, che avrebbero dovuto illustrare ai residenti il progetto della Tav, una decina di attivisti No Tav stanno dando vita a un presidio pacifico.

FONTE: lastampa.it

lunedì 13 maggio 2013

Ordine dei Giornalisti: elezioni per il rinnovo dei consigli




Domenica 19 e lunedì 20 maggio i Giornalisti Pubblicisti sono chiamati a votare i loro rappresentanti


Gentile Collega, Caro Collega,

              come già saprai domenica 19 maggio (dalle 10,30 alle 13,00) e lunedì 20 maggio (dalle 16,00 alle 21,30) i pubblicisti sono chiamati a votare presso i seggi istituiti all’interno del CONI, Centro Acqua Acetosa, Largo G. Onesti n. 1, davanti al Pony Club (zona Campi Sportivi, facile da raggiungere e con sosta delle auto personali controllata da nostri addetti; in caso di impossibilità si può mettere a disposizione in determinate ore un pullmino) per eleggere i Consiglieri dell’Ordine del Lazio, i rappresentanti in seno al Consiglio nazionale ed il Revisore dei Conti.
              Cosa hanno fatto i consiglieri che rappresentano il Gruppo Pubblicisti Unitari di Stampa Romana (nato in seno a Rinnovamento ed ora inserito in Autonomia) eletti nel maggio 2010? Hanno innanzitutto posto in risalto che nel mondo dell’informazione il pubblicista non può essere considerato un giornalista di serie B; in secondo luogo hanno sostenuto la Carta di Firenze e a livello politico la legge sull’equo compenso proposta da Silvano Moffa, giornalista professionista, che si è avvalso come addetto stampa della professionalità di Massimo Massimi, collega pubblicista; hanno illustrato a livello politico la posizione dei pubblicisti per contrastare le linee di tendenza dei vari decreti per arginare il baratro dei conti pubblici, che miravano a dare un diverso assetto alla professione di giornalista; hanno contribuito, soprattutto nella Commissione giuridica, alla deliberazione denominata Ricongiungimento; hanno organizzato incontri di formazione (due alla Sala dei Dioscuri e due presso il CNR) senza oneri per i colleghi.
              Ora il Gruppo si ripresenta al corpo elettorale rinnovato e ringiovanito con un programma di tutto rispetto: se l’Ordine professionale è un pilastro, l’albo non deve più essere suddiviso in elenchi. Primo: c’è un solo albo, quello dei giornalisti e tutti devono sostenere l’esame. Secondo: la formazione permanente non può essere di esclusiva competenza del Consiglio nazionale, ma anche di altri soggetti, a cominciare dall’università pubblica. Terzo: i compensi professionali devono partire da un minimo e questo non può essere un paio di euro. Quarto: riforma dell’accesso.
              Questi i candidati.
              Per il Consiglio del Lazio: Gino Falleri, vice presidente uscente, direttore editoriale di Argilnews e presidente dell’Eapo, European association press office; Mariafrancesca Genco, consigliere uscente; StefanoCazora, capo ufficio stampa del Corpo Forestale; Mauro Proietti, free lance e Franco Rosati, consigliere uscente. Revisore dei conti: Giovanna Ciacciulli.
              Per il Consiglio nazionale: Roberto Rossi, consigliere uscente, segretario dell’Angpi e dell’Eapo; Ugo Armati, consigliere uscente e membro dell’esecutivo, tesoriere dell’Angpi e dell’Eapo; Mauro De Vincentiis, consigliere uscente e free lance; Vittorio Esposito, consigliere uscente; Carlo Felice Corsetti, consigliere uscente, direttore di Argilnews e vice presidente dell’Eapo; Elisabetta Palmisano, consigliere uscente;Costantino Coros, free lance; Silvia Mattoni, ufficio stampa CNR; Rodolfo Davoli, consigliere uscente; Mario De Renzis, consigliere uscente; Francesco Nota Cerasi, consigliere uscente e componente della Commissione giuridica; Stefano Solinas, consigliere uscente; Paola Scarsi, addetto stampa free lance; Francesco Naddeo, portavoce Autority vigilanza contratti; Massimo D’Anastasio, vice direttore Atlasorbis; Gabriele Carchella,  free lance; Giuseppe Zangardi, membro del Corecom del Lazio, e Antonio Berlingeri, ufficio stampa presidenza del Consiglio dei Ministri.
              Si possono votare tre nomi per il Consiglio regionale e undici  per quello Nazionale.
              Ringrazio per la cortese attenzione e per la collaborazione. Cordiali saluti.
              Può esserci il ballottaggio. La convocazione è per il 26 e 27 maggio stesse ore, stesso luogo.

                                                                                                                                                                                                                                                                Gino Falleri

venerdì 10 maggio 2013

L'attacco degli hacker ai bancomat: rubati 45 milioni in 27 diversi Paesi


Per la procura di New York è "il colpo del secolo". Arrestate sette persone negli Stati Uniti dove il bottino è di 2,4 milioni: presi i colpevoli perché gli zaini traboccavano di dollari. Danneggiate sole le banche, salvi i conti correnti di aziende e individui

Avevano messo in piedi la truffa informatica del secolo, ma si sono traditi per colpa degli zainetti traboccanti di dollari: troppo piccoli per contenerne 2,4 milioni prelevati in poche ore a New York e troppo gonfi per non essere notati dalle telecamere di sorveglianza delle banche. Negli Stati Uniti sono state arrestate sette persone con l'accusa di essere la cellula americana della banda che ha colpito 27 paesi in giro per il mondo: dal Giappone alla Russia, dalla Gran Bretagna al Canada. In totale 36mila operazioni nel giro di 10 ore con un bottino record da 45 milioni di dollari, senza colpire nessun conto corrente, ma solo gli accantonamenti delle banche.
"E' il colpo del 21esimo secolo" dice il procuratore di New York, Loretta Lynch, che aggiunge: "Purtroppo truffe del genere sono destinate ad aumentare". Anche perché per gli hacker è stato quasi un gioco da ragazzi: prima sono entrati nel database della banca, poi hanno cancellato i limiti ai prelievi delle carte prepagate e creato nuovi codici di accesso. Gli stessi che altri colleghi hanno poi caricato su una qualunque carta di plastica con una banda magnetica: un bancomat scaduto, una chiave d'albergo o la tessere fedeltà di un supermercato. 

Secondo gli investigatori, gli hacker
non avrebbero colpito né conti correnti individuali, né aziendali. Si sarebbero "limitati" a prelevare i fondi tenuti dalle banche per caricare le carte di credito prepagate, sfruttando proprio la bassa protezione garantita dalle bande magnetiche sulla carte. Un modo così facile per trasformare un codice numerico in contanti che ai video degli sportelli attaccati non è passata inosservata la quantità di banconote che un ragazzo stava infilando nel proprio zainetto.

La prima fronde a uno sportello bancomat risale - secondo uno studio americano - a trent'anni fa, quando le truffe ammontavano a 70-100 milioni di dollari l'anno. Nel 2008 sono arrivate al livello record di un miliardo di dollari, ma quando "si assiste a un attacco di queste dimensioni - dice all'Ap Ken Pickering che lavora a Core Security - non si fa altro che aumentare l'appetito delle comunità di hacker". Consapevoli che se sette persone sono state arrestate a New York, molte altre sono in giro per il mondo con uno zaino carico di contanti.

FONTE: Giuliano Balestrieri (repubblica.it)

mercoledì 8 maggio 2013

Genova, nave abbatte torre di controllo. Sette morti, si cercano ancora tre dispersi

 
L'incidente poco dopo le 23. Quattro feriti. Si cercano i dispersi in mare e sotto le macerie. L'ipotesi del blocco dei motori

Una nave portacontainer in uscita martedì sera dal porto di Genova ha sbagliato manovra e ha urtato la torre piloti, in zona molo Giano, provocandone il crollo. Sette i morti accertati, quattro le persone rimaste ferite, di cui due gravi. Tre i dispersi.


I CORPI - Gli ultimi tre corpi sono stati recuperati dai sommozzatori della guardia costiera: erano nell'ascensore. Le vittime identificate sono sei: il pilota Maurizio Potenza, 50 anni, del porto di Genova (che in un primo momento era stato dato per sopravvissuto), Michele Robazza, 41 anni di Livorno, pilota del porto di Genova; Daniele Fratantonio, 30enne di Rapallo; Davide Morella, 33enne originario di Bisceglie, e Marco De Candussio, 40 anni, originario di Barga (Lucca). Questi ultimi tre erano militari della Capitaneria di porto. Morto anche Sergio Basso, 50 anni, di Genova, dipendente della società Rimorchiatori Riuniti. Restano dispersi questi uomini della Capitaneria: Francesco Cetrola, 38 anni, di Matera; il sergente Gianni Jacoviello, 33 anni, della Spezia; il sottocapo Giuseppe Tusa. Quest'ultimo avrebbe 25 anni e sarebbe di origini siciliane, forse di Milazzo.

Una delle ipotesi avanzate dai tecnici è che i due motori della nave si siano bloccati rendendola ingovernabile, e con la poppa abbia travolto e fatto crollare il molo e la torre. Dei quattro feriti, due sono gravi. La Procura di Genova ha aperto un fascicolo contro ignoti per omicidio colposo plurimo e ha iscritto nel registro degli indagati Roberto Paoloni, il comandante 63enne della Jolly Nero. L'uomo, indagato per disastro colposo, è stato ascoltato a lungo dagli inquirenti per ricostruire la dinamica dello scontro.

FONTE: corriere.it

venerdì 3 maggio 2013

Fassina all'Economia. Il ritorno di Miccichè

 
Via libera a dieci viceministri e trenta sottosegretari: niente stipendio aggiuntivo. Biancofiore alle Pari Opportunità, Dell'Aringa al Lavoro, Catricalà allo Sviluppo

L'accelerazione c'è stata, improvvisa, a metà pomeriggio quando al tavolo della trattativa sui sottosegretari e i presidenti delle commissioni parlamentari - quella condotta da 5 giorni da Dario Franceschini e da Denis Verdini - si è capito che la maggioranza rischiava di vacillare sotto la pressione delle richieste dei partiti per le 68 poltrone in ballo: 30 sottosegretari, 10 viceministri e 28 presidenti di commissione. A quel punto, è stato avvertito il premier Enrico Letta e, dopo il via libera, è scattata la convocazione del consiglio dei ministri serale. Con un'avvertenza, però: le due trattative - quella dei sottosegretari e quella delle commissioni - non potevano marciare insieme.


Per cui Enrico Letta ha dovuto accontentarsi di chiudere solo una parte del pacchetto e di dare il via alle 40 nomine. Numeri nei limiti imposti dalla legge del 2009, sottolinea Palazzo Chigi. E nel segno dell'austerità: «Ai sottosegretari parlamentari non verrà corrisposto lo stipendio aggiuntivo...». Mentre il trattamento dei vice ministri sarà «uniformato a quello dei sottosegretari». La squadra di governo è comunque più numerosa rispetto a quella di Monti che aveva 26 «vice».

Tra i sottosegretari alla Presidenza del consiglio, per ora, non compare quello che funge da autorità delegata per i servizi segreti che Monti aveva affidato al prefetto Gianni De Gennaro. Mentre Antonio Catricalà, già sottosegretario alla presidenza con Monti diventa vice ministro dello Sviluppo economico.

Ora nella squadra dei sottosegretari a Palazzo Chigi ci sono anche il senatore abruzzese Giovanni Legnini (Pd) che prende la delega per l'editoria e il programma di governo, Sesa Amici (Pd) e Sabrina De Camillis (Pdl) che aiuteranno il ministro Dario Franceschini a tenere i rapporti con il Parlamento, Micaela Biancofiore (Pdl) alle pari opportunità, Walter Ferrazza (Affari regionali). E c'è, sorpresa, anche Gianfranco Micciché (Grande Sud) con delega alla Pubblica amministrazione e semplificazione.

Intorno al ministero dell'Economia si è svolta una partita nella partita. Per il Pd c'è il vice ministro Stefano Fassina, braccio destro di Bersani e responsabile economico del partito seppure dimissionario, con la delega alla riforma fiscale. Mentre il Pdl ha insistito e ottenuto la nomina di Luigi Casero a vice ministro. Arrivano in via XX settembre Pier Paolo Baretta (Pd) e Alberto Giorgetti (Pdl). Invece Simona Vicari (Pdl) sarà sottosegretario allo Sviluppo. Alla giustizia vanno un magistrato e un avvocato: il primo, Cosimo Ferri, leader di Magistratura indipendente, sponsorizzato dal Pdl, mentre il secondo è il bersaniano Giuseppe Beretta. Alla Difesa ci sono Roberta Pinotti (Pd) e Gioacchino Alfano (Pdl). Agli Esteri, invece, arrivano come vice ministri Lapo Pistelli (Pd) e Bruno Archi (Pdl) mentre Mario Giro (Scelta Civica) è sottosegretario. Confermata come viceministro Marta Dassù che faceva parte della squadra di Monti.

Al Viminale arriva Filippo Bubbico, uno dei 10 saggi chiamati da Napolitano, che tutti davano per certo al ministero dell'Economia. Dunque restano fuori dalla squadra di governo i due esperti di Interni del Pd, Emanuele Fiano ed Ettore Rosato, e non ce la fa anche Donatella Ferranti che fino alla vigilia in corsa per la Giustizia. Completano la squadra del ministero dell'Interno Domenico Manzione (Pdl) e Giampiero Bocci (Pd). Alla Cultura va Ilaria Borletti Buitoni (Scelta civica) e Simonetta Giordani mentre il montezemoliano Carlo Calenda (Scelta civica) è viceministro allo Sviluppo economico. Ai Trasporti va il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca (Pd) e all'Agricoltura Maurizio Martina (Pd) e Giuseppe Castiglione (Pdl) mentre al Lavoro è confermata Cecilia Guerra (viceministro), accompagnata da Jole Santelli (Pdl) e Carlo Dell'Aringa (Pd). Infine la scuola e l'Università: Gabriele Toccaffondi, Gianluca Galletti (Udc) e Marco Rossi Doria (confermato). Alla Salute va Paolo Fadda (Pd).

FONTE: Dino Martirano (corriere.it)