sabato 20 agosto 2016

Nessuna tregua in Siria, missili russi dal Mediterraneo

La nave russa Kalibr da cui partono missili contro la Siria © EPA

Aleppo ancora sotto le bombe e Assad attacca anche i curdi

Il giorno dopo essersi detta disponibile a negoziare un cessate il fuoco di 48 ore ad Aleppo, la Russia aumenta la sua potenza di fuoco lanciando missili da crociera dalle sue navi nel Mediterraneo che colpiscono anche la città nel nord della Siria. Un'ulteriore escalation dopo i raid compiuti per tre giorni consecutivi dai bombardieri a lungo raggio decollati da una base iraniana. Il complicato mosaico del conflitto civile vede nel frattempo l'apertura a sorpresa di un nuovo fronte, con l'allargarsi degli scontri nella regione nord-orientale di Hasaka tra milizie siriane lealiste e quelle curde dell'Ypg che negli ultimi mesi, con l'appoggio aereo della Coalizione internazionale a guida Usa, hanno riportato i più importanti successi sul terreno contro l'Isis. Per il secondo giorno consecutivo fonti curde hanno denunciato bombardamenti compiuti dai governativi sulla città e nei dintorni. L'Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus) parla di 16 civili uccisi, mentre molti altri stanno fuggendo dal centro abitato. Ma il sito curdo-iracheno Rudaw fornisce un bilancio di "15 uccisi tra civili e miliziani dell'Ypg".            Mosca intanto risponde all'ondata emotiva scatenata nel mondo dalle immagini del piccolo Omran, di 5 anni, appena estratto dalle macerie dopo un bombardamento, affermando che i suoi aerei non hanno colpito il quartiere residenziale di Qaterji, ad Aleppo, dove secondo gli attivisti dell'opposizione è stato girato il video. "Abbiamo giù più volte sottolineato - ha dichiarato il generale Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa di Mosca - che gli aerei militari russi impiegati nell'operazione in Siria non attaccano mai bersagli che si trovano in zone abitate dai civili. Ciò riguarda in particolar modo la zona di al Qaterji di Aleppo menzionata dai mass media occidentali".
Per quanto riguarda i bombardamenti di oggi, Mosca afferma che le sue navi hanno lanciato tre missili da crociera Kalibr contro obiettivi nella provincia di Aleppo del Fronte Al Nusra, l'organizzazione ex qaedista che recentemente ha cambiato il proprio nome in Fronte Fatah Al Sham. "I missili - sottolinea il ministero della Difesa russo - hanno percorso il tragitto su aree deserte per assicurare la sicurezza dei civili". Mosca aveva già colpito obiettivi in Siria con missili lanciati dalle sue navi a partire dall'autunno scorso: prima con vettori partiti dalla flotta nel Mar Caspio e poi da un sottomarino nel Mediterraneo. Bombardamenti sono intanto segnalati dall'Ondus oggi in varie località del Paese controllate dagli insorti, dalla città di Idlib, nel nord-ovest, fino a Daraya, alle porte di Damasco.
Ma i raid degli ultimi due giorni contro le forze curde a Hasaka aprono diversi interrogativi su un possibile cambio di strategia di Damasco, che negli oltre cinque anni del conflitto aveva evitato di prendere di mira direttamente le milizie dell'Ypg. Queste ultime, a loro volta, si sono finora astenute dallo sfidare l'autorità del governo centrale, limitandosi a difendere le regioni nel nord e nel nord-est del Paese, in particolare contro l'Isis. La settimana scorsa avevano anche strappato allo Stato islamico dopo una offensiva di dieci settimane la città di Manbij. L'Ypg, considerato un alleato dei curdi separatisti turchi del Pkk, è visto da Ankara come il nemico più pericoloso alle proprie frontiere e diversi osservatori si chiedono se l'attacco dei governativi siriani sia una conseguenza diretta del riavvicinamento messo in atto nelle ultime settimane dalla diplomazia turca alla Russia e all'Iran, principali alleati del regime siriano.
FONTE: ansa.it

venerdì 12 agosto 2016

Crimea, la Russia schiera i micidiali missili antiaerei S-400

Crimea, la Russia schiera i micidiali missili antiaerei S-400
Per le tensioni alla frontiera con la penisola scambi di accuse continui tra il Cremlino e Kiev continuati nella riunione di ieri all'Onu. Il premier russo Medvedev: "Senza soluzioni, romperemo relazioni". In due anni e mezzo la guerra tra Ucraina e separatisti filo-russi ha fatto oltre 9000 morti

La Russia ha posizionato in Crimea batterie dei nuovi missili S-400 'Triumf'. Lo ha riferito il ministero della Difesa. Si tratta di un sistema moderno e avanzato rispetto agli S-300, il cui spiegamento era già stato annunciato a metà di luglio scorso dal capo di Stato maggiore Evgenij Oleynikov e rappresentano la punta più alta dei sistemi di difesa terra-aria russi. Gli S-400 sono nati per proteggere aree di importanza strategica. Ogni batteria può attaccare più di una mezza dozzina di obiettivi simultaneamente: secondo Mosca, questi missili possono intercettare ed abbattere i migliori bombardieri strategici e i caccia occidentali oltre ai velivoli stealth.

Lo spiegamento coincide con l'aumento del livello di tensione tra Kiev e Mosca sulla questione ancora aperta della penisola di Crimea annessa dalla Russia dopo il controverso referendum del 16 marzo 2014, che potrebbe portare il Cremlino, riferisce il sito Sputnik citando il quotidiano Izvestia, a chiudere la propria rappresentanza diplomatica in Ucraina e richiamare in patria lo staff.

La Russia, infatti, ha oggi fatto sapere che potrebbe rompere le relazioni diplomatiche con l'Ucraina in seguito alle crescenti tensioni sulla frontiera della Crimea. "Se non c'è altro modo per cambiare la situazione, il presidente Vladimir Putin potrebbe fare questo passo", ha detto il primo ministro Dmitry Medvedev parlando a Sochi (Mar Nero), dove sta partecipando alla riunione dei capi di governo dell'Unione economica eurasia.

Il nuovo strappo nelle già complesse relazioni tra Mosca e Kiev, si è avuto lo scorso 10 agosto, quando i servizi segreti russi Fsb hanno rivelato di aver sventato "attentati terroristici" organizzati dall'Ucraina allo scopo di "destabilizzare" la penisola in vista delle elezioni di settembre. Autore compiere degli attentati doveva essere Ridvan Sulemanov, l'uomo arrestato lo scorso 30 luglio mentre stava scattando fotografie all'aeroporto di Simferopoli. Secondo le autorità russe Sulemanov, reclutato dal servizio di intelligence del ministero della Difesa ucraino, ha detto che aveva scelto la stazione degli autobus e l'aeroporto della capitale della Crimea come i luoghi dove posizionare "quattro ordigni esplosivi". Il video della presunta confessione è stato diffuso dai servizi russi. Lo riporta l'agenzia Tass.

Ieri al palazzo di vetro delle Nazioni Unite si è tenuta una riunione urgente del Consiglio di sicurezza, che si è occupato della tensione crescente ai confini tre le due ex repubbliche dell'Unione sovietica. Ed è continuato, anche in quella sede, lo scambio di accuse tra Ucraina e Russia. Kiev teme un'offensiva di Mosca, che starebbe ammassando nuove truppe in Crimea. Per il Cremlino è invece l'Ucraina che tenta di destabilizzare la penisola sul Mar nero alla vigilia delle elezioni per la duma in calendario a settembre.

Il duello alle Nazioni unite segue quello a distanza tra i due presidenti Petro Poroshenko e Vladimir Putin, dopo che in Crimea all'inizio della settimana sarebbe stata sventata un'incursione da parte di sabotatori di Kiev, smentita da parte Ucraina. Il Cremlino ha addossato a Kiev la responsabilità di essere passata al "terrorismo", la Bankova - la presidenza ucraina - ha parlato di  accuse "ciniche e insensate".

L'ambasciatore ucraino alle Nazioni unite Volodimir Yelchenko ha sostenuto che la Russia ha ammassato oltre 40.000 soldati in Crimea e sarebbe pronta a un'invasione. "Questi numeri rispecchiano cattive intenzioni, è l'ultima cosa che vogliamo", ha detto Yelchenko. Il rappresentante russo Vitaly Churkin gli ha risposto che Kiev, "piuttosto che contare le nostre truppe", dovrebbe occuparsi di mettere fine alle provocazioni nel Donbass e rispettare gli accordi di Minsk. Per Churkin la seduta del Consiglio di sicurezza è stata "utile" ed è servita per chiarire la situazione che minaccia di degenerare dopo che l'Ucraina ha messo in allerta le truppe lungo il confine con la Crimea e la linea del fronte con le repubbliche separatiste e la Russia ha iniziato nuove esercitazioni militari sul Mar nero.

"Negli ultimi giorni non vediamo alcun aumento significativo dei combattimenti", ha replicato Oleksandr Motuzyanyk, portavoce dell'esercito di Kiev in un intervento televisivo. "Purtroppo il cessate il fuoco non è stato osservato da parte dei gruppi armati separatisti, ma il numero medio di bombardamenti è praticamente allo stesso livello".

Non è la prima volta che il conflitto ucraino si infiamma dopo il cambio di governo a Kiev e l'annessione della Crimea da parte russa. Da due anni e mezzo la guerra tra Ucraina e separatisti filo-russi va avanti a corrente alternata e il conto dei morti è arrivato a oltre 9000, gli ultimi proprio questa settimana tra la Crimea e il Donbass. Ad aumentare la tensione c'è stato anche l'episodio dell'autobomba che qualche giorno fa ha fatto quasi saltare in aria Igor Plotnitsky, leader filorusso della repubblica di Lugansk, ferendolo solo lievemente. Anche in questo caso reciproche accuse e speculazioni si sono scatenate a cavallo tra i due Paesi.

Oltre alla retorica e alla propaganda su entrambi i fronti ci sono però anche i tentativi per evitare che la polveriera esploda e sia da Mosca che da Kiev si punta sulla mediazione internazionale. Dal Cremlino si è avanzata l'ipotesi che il cosiddetto Quartetto normanno, con Putin, Poroshenko, Angela Merkel e Francois Hollande, possa riunirsi già a margine del prossimo G20 programmato all'inizio di settembre in Cina. Dalla Bankova, Poroshenko tenta inoltre di coinvolgere direttamente anche gli Stati Uniti, dopo che negli ultimi mesi il sostegno di Germania e Francia è apparso meno consistente.

L'ambasciatore americano a Kiev Geoffrey Pyatt, sulle accuse di incursioni ucraine in Crimea si è schierato subito dalla parte di Poroshenko, dicendo che "la Russia ha spesso accusato falsamente l'Ucraina per distogliere l'attenzione dalle proprie azioni illegali", ma è vero che nei mesi scorsi gruppi nazionalisti ucraini hanno preso di mira le infrastrutture delle Crimea con attacchi di stile terrorista.

Anche per quanto riguarda gli accordi di Minsk, le colpe della mancata implementazione sono da addebitare non solo agli 
indipendentisti filorussi, ma anche al governo Ucraino che non è riuscito ancora a risolvere il nodo del decentramento e delle riforme costituzionali. Il dialogo con i separatisti per lo svolgimento di elezioni secondo meccanismi condivisi nelle regioni occupate è sempre in stallo.




FONTE: repubblica.it

giovedì 21 luglio 2016

Pensioni, quattordicesima allargata Il bonus ad altri 2 milioni di persone

L’ipotesi del governo è alzare da 10 a 13 mila euro lordi l’anno il reddito massimo per avere diritto al beneficio. Ritocco in arrivo anche per la no tax area, da allineare a quella dei lavoratori dipendenti. Gl interventi saranno inseriti nella prossima Legge di Bilancio

Estendere la quattordicesima — l’assegno extra fino a 500 euro che viene pagato proprio a luglio — ad altri due milioni di pensionati a basso reddito. A livello tecnico gli incontri tra governo e sindacati sono ancora in corso ma sembra questo l’orientamento di Palazzo Chigi per il pacchetto da inserire nella prossima Legge di Bilancio. La quattordicesima esiste già. La incassano poco più di due milioni di persone: quelle con almeno 64 anni d’età e un reddito inferiore ai 10 mila euro lordi l’anno, per la precisione 9.786 euro e 86 centesimi. L’idea del governo è proprio di alzare l’asticella massima del reddito, portandola a 13 mila euro lordi l’anno. In questo modo, dall’anno prossimo, la quattordicesima sarebbe incassata da altri due milioni di pensionati. Il costo dell’operazione viene stimato in circa 800 milioni di euro l’anno. Un impegno considerato sostenibile anche se tutto dipende non solo dal resto delle misure sulle pensioni ma dall’intero mosaico della Legge di Bilancio da presentare dopo l’estate.

Il piano B

Ma c’è anche un piano B, meno costoso: aumentare non il numero delle persone che prendono la quattordicesima ma l’importo dell’assegno. Il calcolo è complesso perché la cifra precisa della quattordicesima dipende anche da quanti anni di contributi si hanno alle spalle. Ma con un aumento del 50%, che porterebbe le quattordicesime più ricche da 500 a 750 euro, sarebbe necessaria una copertura di circa 600 milioni di euro. L’ipotesi più probabile, però, è la prima. Per un motivo di politica economica: perché dare un assegno in più a chi prima non lo prendeva ha, rispetto a un semplice aumento dei trattamenti già in essere, maggiori probabilità di avere un effetto positivo sui consumi. Ma anche per un motivo di politica in senso stretto: ci sarebbero due milioni di beneficiari che si accorgerebbero di avere un’entrata in più e non un semplice ritocco. La controindicazione è che l’intervento sarebbe rivolto sì ai pensionati a basso reddito, ma a quelli un po’ «meno poveri» degli altri.

La no tax area

Anche per questo la quattordicesima allargata dovrebbe essere accompagnata da un altra misura sui pensionati, tagliata sulle fasce più deboli. E cioè l’innalzamento a 8.124 euro lordi l’anno della no tax area, la soglia al di sotto della quale non si pagano le tasse. Oggi il limite è di 7.750 euro per i pensionati al di sotto dei 75 anni e di 8 mila euro per gli over 75. Passando a 8.124 euro, arriverebbe allo stesso livello già previsto adesso per i lavoratori dipendenti. La misura ha il vantaggio di avere un costo abbastanza contenuto, intorno ai 260 milioni di euro l’anno. L’aumento della soglia, inoltre, farebbe salire l’assegno non solo di chi ha un reddito al di sotto degli 8.124 euro ma anche di chi prende di più: secondo le regole attuali l’esenzione totale riguarda la prima «parte» del reddito per tutti i contribuenti che arrivano fino a 55 mila euro lordi l’anno.

FONTE: corriere.it

domenica 10 luglio 2016

La generazione rebus dei giovani «Né né»

Giovani «né-né» che hanno abbandonato la scuola per darsi allo judo

Quelli che per le statistiche non lavorano e non studiano. Dalle Onlus alle ripetizioni ecco in che cosa sono impegnati



Ma cosa fanno veramente i Neet? Sono davvero solo dei forzati del divano oppure anche tra di loro passa una linea di ulteriore disuguaglianza? Una divisione che separa gli «esogeni», quelli che sono impegnati ogni giorno in un duro corpo a corpo con un mercato del lavoro che non vuole includerli, dagli «endogeni», gli scoraggiati che si sentono drammaticamente inadeguati e sono portati ad arretrare davanti a qualsiasi sfida? L'Italia ha il triste primato europeo dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in un corso di formazione. Parte di loro - un milione su 2,3 totali - compare alla voce «disoccupati» ed è disponibile dunque a iniziare un lavoro nelle successive due settimane. Sono 700 mila - sempre secondo le classificazioni statistiche - «le forze di lavoro potenziali», le persone che nelle ultime 4 settimane non hanno cercato lavoro ma sono mobilitabili a breve, infine ci sono gli «inattivi totali» che raggiungono quota 600 mila. Dietro questi ultimi c’è quasi sempre un percorso accidentato di studi con bocciature e interruzioni, un basso livello di autostima e una forte dipendenza dal contesto familiare di provenienza. Ma per calibrare gli interventi e non limitarsi a invocare misure miracolose è forse necessario capire da dentro il fenomeno Neet (in Italia «né né»), monitorare i loro comportamenti, le piccole mosse che maturano nel quotidiano, sapere come e dove passano la giornata. Il programma di Garanzia Giovani avrebbe dovuto servire anche a questo ma purtroppo non è stato così. Eppure una strategia d’attacco bisognerà darsela in tempi brevi perché non possiamo permetterci di bruciare quasi un’intera generazione. Un giorno qualcuno, legittimamente, ci chiederà dove eravamo quando il Paese della Bellezza dilapidava una quantità così rilevante di capitale umano.

Cosa fanno

In aiuto alla nostra ricognizione viene una delle poche ricerche («Ghost») su cosa fanno i Neet condotta nel 2015 da WeWorld, una Onlus impegnata nel secondo welfare. L’indagine è articolata su più campioni, integrata da interviste individuali a giovani tra i 15 e i 29 anni e ci conferma il peso delle condizioni di disuguaglianza a monte che determinano la caduta in una trappola. In più ci aiuta a focalizzare una porzione interessante dei Neet, i volontari. È chiaro che la scelta di fare volontariato (condivisa in Italia da un milione di coetanei, maschi e femmine alla pari) nasce come opzione di ripiego ma è pur sempre una scelta sorretta da un robusta rete valoriale e dall’incoraggiamento dei genitori che condividono/supportano. È un antidoto al sentirsi Neet e identifica una tribù di giovani che come dicono loro stessi «non si lascia andare» (vedi intervista 1). Anzi ha persino maturato un atteggiamento critico nei confronti degli altri giovani a cui rimprovera un atteggiamento passivo, «una mancanza di progettualità».

FONTE: Dario Di Vico (corriere.it)

lunedì 6 giugno 2016

Europa. Via libera a strimvelis per la terapia dell’ADA-SCID

GlaxoSmithKline (GSK), Fondazione Telethon (Telethon), l’IRCCS Ospedale San Raffaele (OSR) confermano l’autorizzazione da parte della Commissione Europea alla commercializzazione di strimvelis, la prima terapia genica ex vivo con cellule staminali per trattare i pazienti affetti da una rarissima malattia chiamata ADA-SCID (immunodeficienza severa combinata da deficit di adenosina-deaminasi). I bambini nati con l’ADA-SCID hanno un sistema immunitario fortemente compromesso che non è in grado di combattere le infezioni più comuni. Strimvelis è la prima terapia genica curativa per i bambini a ricevere l’approvazione regolatoria nel mondo ed è indicata per il trattamento di pazienti con ADA-SCID per i quali non è disponibile un donatore compatibile in base al sistemahuman leukocyte antigen (HLA) per il trapianto di cellule staminali. In Europa si stima che l’ADA-SCID colpisca ogni anno 15 bambini e, grazie all’approvazione ottenuta, tutti i malati per i quali è indicato il trattamento potranno ricevere la terapia genica presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Martin Andrews, direttore dell’Unità per le malattie rare di GSK ha dichiarato: “L’approvazione è il risultato di molti anni di lavoro con i nostri partner a Milano ed è il prossimo passo per offrire un trattamento in grado di cambiare l’esistenza dei pazienti affetti da ADA-SCID e delle loro famiglie. E’ l’inizio di un nuovo capitolo nel trattamento delle malattie genetiche rare e speriamo che questo approccio terapeutico possa essere usato domani per aiutare pazienti con altre patologie rare”. L’autorizzazione all’immissione in commercio si basa sui dati relativi a 18 bambini trattati con Strimvelis. A tre anni dal trattamento è stato registrato un tasso di sopravvivenza pari al 100% per tutti i 12 bambini arruolati nello studio clinico. Inoltre, lo stesso tasso di sopravvivenza del 100% è stato riscontrato in tutti i 18 bambini trattati e referenziati nella domanda di registrazione, la cui salute è stata monitorata per una durata di circa 7 anni. I risultati completi dell’analisi sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica ‘BLOOD’. Il professor Alessandro Aiuti, coordinatore dell’area clinica dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget), ha dichiarato: “Siamo felicissimi di questa notizia, risultato di oltre 20 anni di ricerca e sviluppo al SR-Tiget. Questo approccio terapeutico innovativo e personalizzato impiega le stesse cellule staminali del paziente con il gene modificato per correggere la malattia alla radice. È stato gratificante per tutti noi vedere i pazienti colpiti da questa grave immunodeficienza crescere negli anni, poter giocare con gli altri bambini e andare a scuola. Lavorando fianco a fianco con GSK possiamo ora mettere a disposizione Strimvelis per tutti i pazienti con ADA-SCID e trasformare le esistenze dei bambini che hanno un disperato bisogno di questa terapia”.
Nicola Bedin, amministratore delegato dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, ha commentato: “Questo importante risultato è stato possibile grazie all’efficace collaborazione tra IRCCS Ospedale San Raffaele, Fondazione Telethon e GSK, collaborazione che ha consentito di coniugare anni di ricerca scientifica, pratica clinica di altissimo livello e competenza nello sviluppo della terapia. Continueremo a lavorare perché questa alleanza porti a sviluppare e rendere disponibili nuove cure a beneficio dei pazienti con malattie rare”. Il successo di questo lavoro è stato reso possibile dagli sforzi di numerosi clinici e ricercatori che si sono impegnati per diversi anni, tra cui la professoressa Maria Grazia Roncarolo, che diede vita all’ Unità di Ricerca Clinica Pediatrica del SR-Tiget, e il professor Fabio Ciceri, primario di Oncoematologia e Trapianto di Midollo Osseo dell’Ospedale San Raffaele.

FONTE: Elisa De Donno )liberoquotidiano.it)

lunedì 30 maggio 2016

Iraq, forze irachene entrano a Falluja. L'Isis oppone resistenza. Nuovi attentati a Baghdad

Le forze irachene sono entrate a Falluja, la roccaforte dell'Isis vicino a Baghdad, nel tentativo di riconquistare la città: lo scrive il quotidiano britannico The Guardian. Un portavoce del servizio anti terrorismo ha detto che le truppe sono entrate da tre direzioni e stanno incontrando resistenza. Il comandante a capo dell'operazione, Abdelwahab al-Saadi, ha spiegato che la coalizione internazionale e l'aviazione militare irachena hanno fornito ai soldati protezione aerea.
"Le forze irachene sono entrate a Falluja sotto copertura aerea da parte della coalizione internazionale, della forza aerea irachena, dell'aviazione dell'esercito e appoggiate da artiglieria e carri armati", ha detto al-Saadi, spiegando che sono sul terreno le forze anti-terrorismo (Cts), agenti della polizia di Anbar e soldati dell'esercito iracheno. "Il Daesh oppone resistenza", ha aggiunto.
Solo poche centinaia di famiglie sono riuscite ad uscire dalla città prima dell'attacco: a Falluja secondo alcune stime si trovano ancora 50.000 civili e si teme che l'Isis li possa usare come scudi umani. Falluja è stata la prima città irachena a cadere nelle mani dell'Isis, nel gennaio 2014, sei mesi prima della dichiarazione del Califfato sul territorio conquistato in Iraq e in Siria.
Secondo al Jazeera, nella riconquista dei villaggi vicino Falluja sono stati uccisi diversi civili dalle milizie sciite alleate all’esercito iracheno. In particolare, combattenti della milizia sciita irachena Kataib al-Risali, che fa capo alle Unità di mobilitazione popolare (Pmu sciite) alleate dell'esercito iracheno nella lotta allo Stato islamico, sono accusati di aver ucciso 17 civili sunniti nel villaggio di al Karma, vicino Falluja. Secondo quanto denunciano fonti tribali sunnite locali all'emittente televisiva al Jazeera, la loro uccisione è avvenuta subito dopo la conquista del villaggio nell'ambito dell'offensiva contro lo Stato islamico per la riconquista di Falluja. I 17 civili uccisi, accusati dalle milizie sciite di far parte del gruppo jihadista, erano stati sequestrati insieme ad altre 56 persone e portati ad al Rashar, a nord-est di al Karma. Le tribù sunnite temono che le milizie sciite possano compiere ad al Anbar le stesse violenze compiute nella regione di Diyala. Le milizie al Risali fanno capo al deputato sciita.
Baghdad, intanto, l’Isis ha colpito ancora con nuovi attentati. È di oltre 20 morti e almeno 40 feriti il bilancio di tre attentati che nelle ultime ore hanno scosso la capitale irachena, mentre prosegue l'offensiva delle forze filogovernative per riprendere la poco distante Falluja, ancora nelle mani del sedicente Stato Islamico (Is). Il più grave degli attentati compiuti è avvenuto nel quartiere sciita di Shaab, nella zona nord di Baghdad, dove un'autobomba ha provocato 12 morti e più di 20 feriti. Altre sette persone hanno perso la vita e 19 sono rimaste ferite da un'altra autobomba a Tarmiya, sobborgo a maggioranza sunnita. Un ordigno fissato a una moto, infine, è esploso nel bastione sciita di Sadr City, uccidendo due persone e ferendone altre sette.
FONTE: huffingtonpost.it

sabato 21 maggio 2016

Italiani pazzi per i jeans, minimo sei paia nell'armadio

ITALIANI PAZZI PER I JEANS, MINIMO SEI PAIA IN ARMADIO


Ricerca Cotton Usa sui pantaloni in denim brevettati da Levi's Strauss il 20 maggio 1873


Gli italiani sono pazzi per i jeans, li indossano sia per uscire e sia per andare al lavoro e in ogni armadio non mancano mai minimo sei paia. A rivelare la passione per i pantaloni in denim, che il 20 maggio festeggiano la nascita del brevetto del primo blue jeans Levi's Strauss (nato nel 1873), è una ricerca Global Lifestyle Monitor (osservatorio che su base biennale rivela i gusti dei consumatori) per conto di Cotton Usa, brand che rappresenta il cotone americano. Dal sondaggio, condotto su un campione di 1.002 persone tra i 15 e i 54 anniintervistate online tra novembre 2015 e gennaio 2016, si scopre che oltre la metà, ovvero il 51% degli italiani indossa i jeans per fare shopping e uscire nel tempo libero, mentre quasi la metà,  il 45% degli intervistati li mette durante la giornata lavorativa. In Italia lo stile informale sul posto di lavoro non è più confinato solo al cosiddetto casual friday, al contrario per esempio del Regno Unito, dove solo il 16% li sfoggia anche in ufficio.
    L'armadio degli italiani rispecchia l'amore per i jeans: in media ne hanno sei paia nel proprio guardaroba. Inoltre camicie e gonne in jeans sono i capi in denim preferiti dagli uomini e donne italiane che ne possiedono in media, più degli abitanti di Germania Regno Unito e Cina. Più in generale, il 52% degli italiani rivela d'indossare capi in denim regolarmente e quasi la metà, il 45% indossa jeans o shorts in jeans almeno 5 volte alla settimana, un trend consolidato rispetto ad esempio alla Germania (30%). Comfort, qualità e prezzo sono decisivi nella scelta dei jeans da acquistare. L'osservatorio di Cotton Usa svela che 3 italiani su 4 fanno shopping con piacere, o addirittura amano fare acquisti regolarmente e il 34% preferisce comprare i vestiti rispetto a elettronica di consumo (23%) o scarpe (16%).
    Da dove prendono ispirazione gli italiani per le proprie compere? Dalle altre persone (70%), nei negozi (66%) e dai media, in particolare online (30%). Inoltre, gli uomini sono più propensi a farsi guidare nella scelta dalle proposte dei siti di e-commerce (71%) rispetto alle donne (53%). Ma queste sono più propense ad acquistare abbigliamento online rispetto agli uomini. In generale per gli italiani, i fattori più importanti nella scelta di acquisto sono comfort (91%), qualità (91%) e prezzo (90%), mentre il brand è importante per meno del 50% degli intervistati. Il 95% dei consumatori italiani fa shopping durante i saldi o in presenza di particolari promozioni e più di 1 su 3 è disposto a sacrificare la qualità degli abiti se il costo è inferiore: entrambi i trend sono in crescita rispetto a 8 anni fa. Trovare capi eco-friendly è importante per il 57% degli italiani, soprattutto per gli over35, che ritengono il cotone la fibra più sicura per l'ambiente (70%) seguita da lana (69%) e seta (65%). Il cotone è considerato la fibra più autentica dall'85% degli intervistati, la più affidabile e la più sostenibile dall'80%. Inoltre, 9 italiani su 10 dichiarano di controllare l'etichetta prima di acquistare un capo. (ANSA).




giovedì 12 maggio 2016

Ritrovate in Ucraina le 17 tele rubate al museo di Verona


Opere di autori di grande valore: Tintoretto, Rubens, Mantegna e Pisanello

La pista giusta, nei paesi dell’Est Europa, l’avevano individuata subito gli investigatori italiani. E dopo sei mesi la caccia ai 17 capolavori rubati a novembre 2015 dal Museo di Castelvecchio a Verona ha dato i suoi frutti. Le opere di Tintoretto, Rubens, Mantegna, Pisanello e altri autori di grande valore sono state recuperate in Ucraina, grazie ad un lavoro in sinergia tra Polizia, Carabinieri e polizia locale. 

Il recupero è avvenuto il 6 maggio, ma l’annuncio l’ha dato stasera il comandante della polizia di frontiera ucraina, Viktor Nazarenko. I quadri sono stati ritrovati nella regione di Odessa e stavano per essere portati in Moldova. Esattamente dove, da mesi, stavano lavorando gli investigatori italiani, coordinati dalla Procura di Verona. Sono stati compiuti nuovi arresti - non se ne conosce ancora il numero esatto -, che si aggiungono alle 13 persone già raggiunte dai provvedimenti restrittivi emessi dalla Procura scaligera il 15 marzo scorso. 

«È un grande giorno, ora presto le opere torneranno al Museo di Castelvecchio a Verona» ha commentato a caldo il ministro dei beni culturali, Dario Franceschini, mentre il sindaco Flavio Tosi ha potuto tirare «un grande sospiro di sollievo, perchè un pezzo importantissimo di Verona - ha sottolineato - può tornare ai cittadini veronesi e a tutto il mondo». Entrambi, e come loro ha fatto il governatore veneto, Luca Zaia, hanno ringraziato Polizia, Carabinieri e Procura veronese per il grande lavoro svolto in sinergia. 

FONTE: lastampa.it


sabato 7 maggio 2016

Irpef giù per i redditi medi, ipotesi taglio da 3 miliardi


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Il cantiere è aperto. Dopo le parole di Matteo Renzi sulla necessità di «ridurre le fasce fiscali», che in Italia sono cinque, tra Tesoro e Palazzo Chigi si inizia a ragionare sui meccanismi per abbassare l’Irpef. L’intenzione, dopo il bonus di 80 euro destinato ai redditi più bassi, è quella di concentrarsi sulla classe media, sui redditi che vanno dai 28 mila ai 55 mila euro. Una delle ipotesi alle quali si ragiona, soprattutto al ministero dell’Economia, sarebbe quella di ridurre di un punto percentuale due aliquote: quella del 27% che scatta a 15 mila euro di reddito, e quella del 38% che invece scatta superati i 28 mila euro di reddito. Il vantaggio di questa misura sarebbe quello di avere un costo limitato per le casse dello Stato, circa 3 miliardi di euro. Il mini ritocco delle aliquote Irpef potrebbe essere quindi facilmente finanziata rimandando di un anno l’abbattimento dal 27,5% al 24% dell’Ires sulle imprese, misura inserita nella scorsa legge di Stabilità ma che scatterebbe solo il primo gennaio del prossimo anno. Il punto debole di questo schema è l’impatto. Sulle buste paga dei contribuenti, la riduzione fiscale si farebbe sentire poco.

FONTE: Andrea Bassi e Luca Cifoni (ilmessaggero.it)

domenica 1 maggio 2016

Bimba violentata e uccisa a Caivano, il pm: "Così abbiamo fatto parlare i piccoli"

"Se non si interviene in maniera decisa nella bonifica delle periferie, in quelle di Napoli ma anche in quelle dell’area casertana, si rischia di assistere ad altre tragedie come quelli del Parco Verde di Caivano. Quello non è un fatto isolato, ma è il segnale di un degrado diffuso. Dobbiamo farcene tutti carico, altrimenti la sconfitta è inevitabile". A parlare è Francesco Greco, procuratore di Napoli Nord, l’ufficio competente su un territorio che va da alcuni grandi centri della provincia di Napoli a paesi del Casertano in cui la camorra è radicata, come Casal di Principe, Casapesenna o Villa Literno. In carriera dal ’77, Greco è stato procuratore vicario a Napoli. Ha fatto parte della Direzione distrettuale antimafia, poi è stato uno dei magistrati di punta nelle più delicate inchieste di Mani pulite in Campania.
Nella vicenda di Fortuna, quello che colpisce di più è la diffusa omertà per quasi due anni.
«Un’omertosa indifferenza unita a una criminale connivenza».
Procuratore, non sembra sorpreso.
«Il contesto è quello di un’area a forte presenza camorristica dove l’omertà è la regola».
FONTE: quotidiano.net

lunedì 25 aprile 2016

Isis, falsi certificati medici per non andare in combattimento: così i jihadisti evitano la prima linea



Falsi certificati medici per evitare i combattimenti. Con i problemi militari, le perdite di territorio e le ristrettezze finanziare, i jihadisti dello Stato Islamico stanno tentando il tutto per tutto per non scendere in prima linea.

È quanto emerge da un rapporto del Combating Terrorism Center (CTC), in cui si sottolinea come molti militanti, ormai disillusi, si rivolgano ai medici per farsi stilare falsi certificati medici.
«Le carenze di personale sono state evidenziate anche da un documento dello Stato islamico che è emerso lo scorso anno – si legge nel rapporto – Il dossier, rilasciato nella provincia di Deir ez-Zor, nella Siria orientale, indica che un certo numero di membri dello Stato Islamico aveva cercato di ottenere referti medici falsi al fine di evitare il combattimento. I problemi finanziari dello Stato Islamico si sovrappongono a quelli di coesione interna dell'organizzazione terroristica».

Problemi finanziari e di personale confermati anche da uno studio del ricercatore britannico Aymenn Jawad al Tamini che ha sviscerato i problemi dello Stato Islamico, basando la sua ricerca su una serie di documenti sequestrati all'Isis.
Secondo il suo dossier, lo Stato Islamico starebbe vivendo un periodo di “vacche magre” a causa della mancanza di combattenti durante le battaglie decisive. Lo studio mette in evidenza come in diverse occasioni sia in aumento il numero di jihadisti che, per evitare di combattere, ha dichiarato di essere malato. Ma le complicazioni riguarderebbero anche l'affluenza delle reclute straniere resa sempre più complicata dalla stretta sorveglianza messa in atto dai Paesi dai quali i potenziali combattenti si mettevano in viaggio verso il Califfato.

Nello studio, inoltre, vengono sottolineati i problemi economici dell'Isis, in difficoltà soprattutto con il pagamento dei salari. Secondo al Tamini, infatti, le cifre fino a mille dollari diffuse in passato sarebbero solo un miraggio per un jihadista: prendendo come caso un miliziano sposato e con prole, il suo stipendio si aggirerebbe intorno ai 360 dollari. Partendo da salario base di 50 dollari, il combattente del Califfato ne riceve altri 50 per ognuna delle due mogli, ai quali se ne devono aggiungere 35 per ognuno dei sei figli (sotto i 15 anni). Ancora 50 dollari per ognuna delle “schiave” a sua disposizione. Partendo, dunque, da queste cifre calcolate per un jihadista sposato, un miliziano single dovrà sopravvivere con cifre considerevolmente inferiori.

FONTE: Federica Macagnone (ilmessaggero.it)

venerdì 22 aprile 2016

Prince, il genio e la follia del maestro funky


SÌ, A VOLTE nevica in aprile. “Sometimes it snows in april”, cantava alla fine dell’album “Parade”, 1986. Cantava in una dolce ballata che «a volte nevica, in aprile, a volte mi sento così male. A volte vorrei che la vita non finisse mai: tutte le cose buone, dicono, non durano». È durata 57 anni la vita di Prince. La notizia della sua morte, annunciata da Tmz (come già successe con lo scoop della improvvisa scomparsa dell’altro genio black anni Ottanta, Michael Jackson), e ancora avvolta nel giallo, è arrivata ieri sera verso le 19 ora italiana.

ERA NATO a Minneapolis il 7 giugno 1958 ed è morto lì, Roger Nelson in arte Prince, oltre 40 album in carriera, nella sua città, nei suoi studi musicali - la dimora e il suo regno, una struttura di rettangoloni bianchi, Paisley Park. Nel ’96 Paisley Park fu teatro della presentazione internazionale di un suo triplo cd, “Emancipation”, il primo targato Emi dopo gli anni di “schiavitù” - così la soffriva lui, tanto dall’esibirsi con la scritta “slave” in faccia - sotto un’altra multinazionale discografica, la Warner Bros. Il ’96 fu l’anno in cui la compagna di allora, la moglie Mayte Garcia, dette alla luce il suo primo figlio; i giorni di quel lancio superstar erano gli stessi in cui il piccolo nasceva e in cui i genitori venivano a sapere che il cervello del neonato era quadrilobato (rarissima sindrome di Pfeiffer), che il bambino era gravissimo, e infatti il bambino morì di lì a poco. Prince incontrò lo stesso i giornalisti e, vestito di seta bianca, suonò lo stesso uno dei suoi concerti stratosferici, perché Prince dal vivo è sempre stato un’altra dimensione, uno degli spettacoli più eccezionali della storia del rock. Se con i dischi (e coi film fra il trash e il sublime cui erano legati) all’inizio degli anni Ottanta aveva fatto gridare al miracolo funky rock, dal vivo Prince era persino di più: piccolo piccolo sui tacchi alti, magrissimo, era un ballerino prodigioso, era l’erede diretto di James Brown, ma più bello. Un Marvin Gaye più maturo. Uno che Miles Davis paragonava a Duke Ellington. Con la differenza che Prince cantava tutti i suoi successi e schitarrava pure alla Hendrixcome un demonio, cantava insieme come un angelo del falsetto e come un mago tentatore, suonando piano e tastiere. Mimando l’amore con la chitarra e contemporaneamente con tutto il pubblico: Love, Sexy. E questo sempre: se la carriera discografica è andata avanti fra alti e bassi, scelte audaci ma premature (come quella di affrancarsi dalla discografia ufficiale per buttarsi su internet quando ancora la rete era agli albori commerciali), opere che spesso negli anni hanno sofferto d’ipertrofia, modello Orson Welles e genialità barocche quanto perennemente incompiute, la carriera concertistica ha sempre mantenuto standard stellari.

IN ITALIA arrivò la prima volta col tour di “Sign o’ the Times”, a Milano. Il concerto perfetto. 1987, quattro date a giugno all’allora Palatrussardi. Il pubblico era invitato a prender parte allo show con abiti neri e arancioni; sul palco, alla batteria Sheila E, a ballare Cat. Da quel palco esplosero una ventina di canzoni, una dietro l’altra, un tripudio d’improvvisazioni funk e jazz, semi-infinite code orgasmatiche di note tirate allo spasimo. Tanto il compagno di trionfi anni ’80 Michael Jackson era perfezione pop, tanto lui era storia e futuro profondamente - selvaggiamente - black. Nel finale si inanellavano “When the doves cry” (quando le colombe piangono), “Purple Rain” (pioggia porpora), “Kiss” ma era sul crescendo di “The Cross” che s’infiammava l’apocalisse psichedelica.

DA FINE ANNI Novanta, nessuno lo diceva ma in molti lo pensavano, sembrava fuori di testa: tutti i nomi che si dava e si toglieva (Tafkap, The Artist, The Symbol), poi soprattutto quel suo essere artefice e vittima della sua personale guerra all’industria musicale - di album nella carriera ne ha venduti 80 milioni -, e la conversione al credo dei testimoni di Geova, e i pettegolezzi più strani sulla sua vita privata, segnata comunque costantemente da tantissimi flirt (Vanity, Apollonia, la seconda moglie italo canadese Manuela Testotini da cui ha divorziato due anni fa, Kim Basinger). In realtà quando lo ritrovavi in concerto era sempre lui, sempre l’inarrivabile festa, quella che solo Prince sapeva celebrare con sapienza, istrionismo, romanticismo, energia. E proprio a fronte di tutta quell’energia che spendeva per noi, fa impressione pensare che se n’è già andato, così. In un giorno d’aprile in cui, all’improvviso, è nevicato sul cuore del rock.

FONTE: Chiara Di Clemente (quotidiano.net)

domenica 17 aprile 2016

Refendum trivelle, si vota: incognita quorum, alle 12 affluenza sopra all'8,30%

Refendum trivelle, si vota: incognita quorum, alle 12 affluenza sopra all'8,30%
Si vota fino alle 23, alle urne 51 milioni di elettori. L'esito sarà indicativo della possibilità o meno di raggiungere la metà più uno degli aventi diritto. Altrimenti il voto non sarà valido

SEGGI APERTI dalle 7 per il referendum sulla durata delle concessioni per i giacimenti di petrolio e gas, il cosiddetto 'referendum trivellazioni'. Si vota fino alle 23 con l'incognita quorum: se non va alle urne almeno il 50% più uno degli aventi diritto la consultazione non è valida. E il fronte dei contrari - più che invitare a votare No - punta proprio sull'astensione per far fallire il referendum. Alle 12 il primo dato sull'affluenza che si attesta all'8,30%.

Tutto si gioca su un numero: 25.393.171. Sono gli elettori che dovranno andare a votare perché il referendum sia valido. Un obiettivo che è raggiuntosempre più raramente: siamo lontani da quell'87% del referendum del divorzio del 1974. Dal 1997 (con l'eccezione del 2011, per il voto sull'acqua pubblica) il quorum non è stato più raggiunto. Sarà difficile confrontare il dato con le precedenti consultazioni, visto che per la prima volta dagli anni '90 si torna a votare solo la domenica. Come indicazione però vale la pena di prendere gli ultimi due referendum, nel giugno 2011 (quorum raggiunto) e nel giugno 2009 (quorum non raggiunto). Si votava domenica fino alle 22 e lunedì fino alle 15. Nel 2011, alle 12 di domenica, aveva votato l'11,6% degli aventi diritto: il quorum fu raggiunto di poco, con il 54% dell'affluenza. Nel 2009, alla stessa ora, l'affluenza era del 4%.

Su cosa e come si vota. Gli elettori sono chiamati in sostanza a dire se vogliono che "quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?". Si tratta di un referendum abrogativo: in caso di vittoria del Sì (ovvero Sì alla cancellazione di una parte della legge che le proroga "per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale") le concessioni per gli impianti di estrazione di gas e petrolio entro dodici miglia dalla costa non verranno rinnovate. In caso di vittoria del No o di non raggiungimento del quorum la norma rimarrà in vigore così com'è, ovvero l'attività di estrazione potrà continuare fino all'esaurimento del giacimento.

Per votare, l'elettore deve semplicemente barrare la casella con il Sì o quella con il No.

Se il quorum dovesse essere raggiunto di poco (molti dei contrari in questo caso si sarebbero astenuti), è assai probabile che vincano abbondamente i Sì.

FONTE: repubblica.it

mercoledì 6 aprile 2016

Majorana aveva ragione: creato per la prima volta lo spin quantico liquido

Riproduzione di spin quantico liquido (Oak Ridge National Laboratory)

Niente a a che fare con i liquidi che conosciamo: indica che le particelle sono in uno stato di caos come le molecole d’acqua. È un nuovo stato della materia

Ettore Majorana aveva ragione. Poco prima della sua scomparsa, avvenuta in circostanze misteriose nel 1938, aveva ipotizzato l’esistenza di peculiari particelle nell’ambito della meccanica quantistica che si comportano simultaneamente come materia e antimateria, chiamate in seguito fermioni di Majorana proprio in onore del fisico italiano che le aveva previste teoricamente. Ma in ambito sperimentale i fermioni di Majorana non sono mai stati rilevati fino al 2014. Adesso un nuovo esperimento eseguito presso l’Oak Ridge National Laboratory (Tennessee, Usa) ne conferma definitivamente l’esistenza.

Spin quantico liquido

Non solo. Gli scienziati sono riusciti a creare in laboratorio un nuovo stato della materia, supposto anch’esso teoricamente nel 1973 dal fisico Phil Anderson e mai osservato in natura. Solido, liquido, gassoso: sono gli stati in cui si può presentare la materia, lo abbiamo imparato a scuola. Ma quando si entra nel mondo della meccanica quantistica compaiono altri stati più esotici come plasma e condensato di Bose-Einstein. Anderson più di quarant’anni fa ha ipotizzato che nell’ambito della fisica della materia condensata particolari materiali magnetici possono trovarsi in uno stato chiamato spin quantico liquido: non ha nulla a che fare con i liquidi che conosciamo, ma indica che le particelle sono in uno stato di caos, proprio come le molecole d’acqua. Ma mentre queste ultime si «riordinano» diventando ghiaccio, nello stato di spin quantico liquido (Qsl) le particelle continuano a rimescolarsi anche alle temperature più basse. Almeno in teoria, perché nessuno finora era stato in grado di «vedere» questo stato della materia.

Un nuovo stato della materia

C’è riuscito appunto un team internazionale di ricercatori che ha pubblicato il risultato del loro studio sull’ultimo numero della rivista Nature Materials. Gli scienziati hanno «illuminato» un materiale bidimensionale simile al grafene, ma fatto di cristalli di tricloruro di rutenio (RuCl3), con un fascio di neutroni e hanno osservato le onde create dalla diffusione dell’urto anelastico dei neutroni con le particelle dei cristalli. Un normale materiale magnetico dovrebbe proiettare delle line ben distinte ma in questo caso si sono osservate delle gobbe che ben si adattavano a quanto previsto in teoria per lo spin quantico liquido nel 2014 da Johannes Knolle del Cavendish Laboratory di Cambridge: la prova che è stato così osservato sperimentalmente per la prima volta questo particolare stato della materia.

Proprietà

Infatti nei normali materiali magnetici i singoli elettroni si comportano come minuscole calamite: man mano che la temperatura scende si allineano con i poli magnetici che puntano tutti nella stessa direzione. In un materiale nello stato spin quantico liquido invece anche allo zero assoluto gli elettroni restano disallineati, in una sorta di «zuppa causata da fluttuazioni quantiche», dicono gli scienziati che hanno rilevato proprio questo comportamento nel loro esperimento. Ma quali proprietà ha questo particolare stato della materia? La caratteristica peculiare è che gli elettroni, considerati unità di carica indivisibili, invece si «frazionano» generando fermioni di Majorana. È stato così possibile validare l’ipotesi sull’esistenza di queste particelle che lo scienziato aveva avanzato quasi ottant’anni fa. Secondo i ricercatori riuscire a generare fermioni di Majorana non è solo un mero traguardo scientifico, ma ha anche delle ricadute tecnologiche. Queste particelle infatti possono essere utilizzate come unità elementari per supercomputer quantistici, in grado così di funzionare a velocità irraggiungibili dai normali computer e di eseguire calcoli che nessun altro dispositivo sarebbe in grado di fare.

FONTE: Angelo Piemontese (corriere.it)

sabato 26 marzo 2016

Canone Rai 2016: ecco come si ottiene l’esenzione

Chi non ha una tv e gli anziani con reddito sotto 8mila euro non pagano. Ma bisogna seguire la procedura passo passo. Il rischio multa è sempre in agguato

Da quest’anno, come ormai tutti sanno, la quota annuale del canone Rai sarà addebitata nella bolletta elettrica (100 euro). Soltanto per quest’anno si pagherà una prima maxi-rata di 60 euro, tutta sulla bolletta di luglio. Poi, dall’anno prossimo, si pagheranno 10 euro al mese, da gennaio a ottobre (dal momento che le bollette sono quasi tutte bimestrali, vuol dire 20 euro a bolletta). 

Chi non paga  
E’ esente dal pagamento del canone Rai chi non ha in casa un apparecchio Tv. Inoltre è esente chi ha un reddito familiare di massimo 8.000 euro lordi e ha più di 75 anni (per informazioni è possibile chiamare il numero verde gratuito 800.93.83.62). Non pagano neanche le seconde case, né gli studenti o lavoratori fuori sede che però hanno ancora la residenza presso i propri genitori o nel nucleo familiare principale. Il canone segue la residenza. 

Come si fa a non pagare  
L’esenzione non è automatica. Occorre comunicarla all’Agenzie delle Entrate (dal 4 aprile in poi). Su questo punto sono appena uscite le indicazioni tecniche ufficiali sul come fare: sui siti dell’Agenzia delle Entrate e della Rai, è disponibile il modello con cui i titolari di un contratto di fornitura di energia elettrica per uso domestico residenziale possono certificare di non possedere un apparecchio televisivo. 

Per chi non usa internet  
Nei casi in cui non sia possibile l’invio telematico, è prevista la presentazione del modello, insieme a un valido documento di riconoscimento, tramite servizio postale in plico raccomandato senza busta all’indirizzo: Agenzia delle Entrate Ufficio di Torino 1, S.A.T. - Sportello abbonamenti tv - Casella Postale 22 - 10121 Torino. E’ anche possibile rivolgersi al Caf. 

Tra moglie e marito  
Il modello di autocertificazione potrà essere utilizzato anche da chi intende segnalare che il canone per il nucleo familiare è già intestato a un soggetto diverso dall’intestatario della bolletta elettrica. È il caso molto frequente della famiglia in cui uno dei coniugi ha sempre pagato il canone mentre all’altro è intestata la bolletta. 

Attenzione alle scadenze  
Entro il 30 aprile 2016 va presentata l’autocertificazione per chi utilizzerà la vecchia posta, tramite raccomandata. Chi invece userà la via telematica deve effettuare la comunicazione entro il 10 maggio 2016. L’autocertificazione ha validità di un anno e dovrà essere ripresentata ogni anno. 

FONTE: Sandra Riccio (lastampa.it)

sabato 12 marzo 2016

Milano, la Borsa vola a +4,8% spinta dalle misure della Bce


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Venerdì d'oro per borse europee e Piazza Affari che chiudono in rally, grazie alla cura da cavallo della BCE, che ha predisposto misure record per sostenere l'economia e combattere la deflazione. Un mix di strumenti che si è rivelato anche più generoso delle più rosee previsioni.

Un supporto è giunto anche dal rally del petrolio, che avvicina la soglia dei 40 dollari, in scia alle previsioni formulate dall'Agenzia Internazionale.  Qualche presa di beneficio colpisce l'euro che prosegue con un calo dello 0,13%, sull'effetto BCE, così come lo spread, che crolla di 13 punti a 105 punti base, a fronte di un rendimento del BTP a 10 anni che si posiziona all'1,33%. Tra i listini europei, decolla Francoforte, con un importante progresso del 3,47%, bene Londra, che mostra un forte incremento dell'1,76%, corre Parigi che segna un importante progresso del 3,24%.

Al top la la Borsa milanese che, galvanizzata anche dal dato della produzione industriale, ha guadagnato di più degli altri mercati europei (+4,80%) con l'indice Ftse Mib che ha riagguantato i massimi di fine gennaio. Tra i best performers di Milano vi sono ovviamente le banche, in particolare Banca Popolare di Milano che mette a segno un guadagno del 9,36%, Unicredit del 9,19%, Banco Popolare dell'8,98% ed UBI Banca dell'8,88%. La peggiore performance si registra su Italcementi, che segna un -0,78%.

FONTE: ilmessaggero.it