martedì 10 dicembre 2013

Duecento miliardi volano all'estero perché esportarli è sempre più facile


Gli italiani continuano a nascondere oltre frontiera i propri risparmi. Grazie alle complicità delle banche e agli scarsi controlli farlo presenta rischi minimi. Soprattutto attraverso le Alpi, verso la Svizzera.


Si fanno chiamare "corrieri". Viaggiano tra l'Italia e la Svizzera, attraversando il confine con il loro carico prezioso: interi capitali in contanti, che ogni giorno, di nascosto, vengono prelevati dalle banche nostrane e trasferiti in quelle elvetiche. Un meccanismo che continua a girare senza intoppi, nonostante la recente offensiva che il governo italiano  -  affiancato dagli esecutivi di altri paesi europei  -  sta muovendo nei confronti del segreto bancario: ovvero, l'uovo di Colombo, la pietra angolare sulla quale si basa l'intero ingranaggio.

Paura del Pci e di Monti. "Era il 1934, quando il governo federale decise di introdurre questa norma", racconta un ex dirigente di banca svizzero che per anni si è occupato dell'importazione di capitali italiani. "Ricordo che alla vigilia delle elezioni politiche del 1976, quando il Pci sfiorò il sorpasso sulla Dc, in una sola settimana furono contrabbandati in Ticino qualcosa come cento miliardi di lire dell'epoca. Una situazione del genere si è nuovamente verificata nel 2011, durante la nascita del governo Monti". 

L'assicurazione. L'iter dell'operazione è perfettamente rodato: la possibilità di errori si avvicina allo zero. "Le banche italiane fanno da tramite tra il cliente e la banca svizzera: i corrieri sono in contatto diretto con gli istituti di credito, che li mobilitano a seconda delle esigenze. Alcuni corrieri, addirittura, stipulano delle vere e proprie polizze assicurative: nel caso improbabile che si verifichi un incidente, i soldi arriveranno comunque a destinazione". 

Quanti e dove. I capitali nascosti oltre frontiera da cittadini italiani oscillavano tra 124 e 194 miliardi di euro a fine 2008: l'ultimo studio redatto dalla Banca d'Italia, risalente al 2011, parla di una cifra compresa tra il 7,9% e il 12,4% del Pil (Prodotto interno lordo). Per quanto riguarda le destinazioni d'approdo, è interessante prendere in esame i dati riassuntivi dello scudo fiscale 2009-2010: all'epoca, il 68,8% dei capitali scudati si trovavano in Svizzera, il 7,9% in Lussemburgo, il 4,8% a San Marino, il 4,5% a Monaco. Percentuali piuttosto simili possono essere estratte dall'ultimo rapporto annuale dell'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia, che ha preso in esame i bonifici che interessano controparti o intermediari residenti in aree geografiche "sensibili" per quanto riguarda la lotta al riciclaggio: la Svizzera si conferma la piazza più attiva, con il 60% dei flussi in entrambe le direzioni. 

La musica sta per cambiare. Eppure molto presto la musica potrebbe cambiare: lo scorso 18 ottobre Berna ha siglato la convezione sullo scambio automatico delle informazioni tra autorità fiscali. Nel contempo, il Gruppo d'azione finanziaria internazionale e il G20 hanno fatto pressione sul governo elvetico affinché elabori una proposta di legge che introduca i reati fiscali qualificati come reati presupposto del reato di riciclaggio. La deadline è il 2016: in caso di mancato adeguamento, il paese degli orologi e del cioccolato sarà inserito nella black list. Il vecchio segreto bancario, insomma, sembra avere i giorni contati: tanto che il governo Letta sta già ragionando su come gestire il rientro in patria dei capitali non dichiarati, e ha recentemente annunciato, tramite il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, l'adozione di "una serie di norme per favorire tale flusso".

Le strade alternative. Tutto risolto, insomma? Non esattamente. "Molti capitali vengono fatti viaggiare lungo strade alternative, molto difficili da sbarrare", spiega il nostro esperto italo-elvetico. Ci sono, ad esempio, i soldi sporchi della malavita organizzata: che vengono affidati a vere e proprie teste di legno, titolari di regolarissime società svizzere. "Queste teste di legno utilizzano il denaro per dar vita a una lunga catena di operazioni transazionali", assicura  "Dopodiché i capitali tornano in Svizzera, vengono fatti riposare per un po', e infine vengono reinvestiti nel mercato italiano. La Finanza si mette al lavoro e tenta di ricostruire i vari passaggi dell'operazione: ma ci vuole tempo e ci vogliono le rogatorie. È come cercare di svuotare l'oceano con un cucchiaino".

FONTE: MARIA ELENA SCANDALIATO e ANDREA SCERESINI

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