Numeri da bollettino di guerra, che rispecchiano tutta la
disperazione e la situazione di grave difficoltà che gli italiani stanno
vivendo sulla loro pelle, ormai da anni.
Mentre il premier Enrico Letta continua a fare l'ottimista,
prevedendo addirittura un Pil in crescita del 2% nel 2015, i dati che
vengono snocciolati dai vari centri studi e think tank raccontano una
realtà completamente diversa, che stride non poco con i toni celebrativi
del governo.
La fotografia della crisi arriva stavolta con il rapporto Scenari
economici del Centro Studi di Confindustria. Dallo studio emerge che l'Italia ha perso più del 12% di Pil dal 2007, e che da allora sono andati in fumo oltre 200 miliardi di reddito.
La speranza è sulle riforme, che devono essere però incisive. Solo con
"incisive riforme strutturali si può recuperare il terreno perduto". Una
crisi, insomma, che ha provocato "danni di una guerra".
Di fatto, rispetto alle "traiettorie già modeste del decennio
1997-2007 il livello del Pil potenziale è più basso del 12,6%, in altre
parole sono andati bruciati oltre 200 miliardi di euro di reddito a
prezzi 2013, quasi 3.500 euro per abitante".
Il dramma della disoccupazione è evidente. L'esercito di disoccupati -
persone a cui manca lavoro, totalmente o parzialmente, è di 7,3
milioni, due volte la cifra di sei anni fa. A partire dal 2014, secondo
il Centro Studi, si dovrebbe però arrestare l'emorragia occupazionale.
L'impatto della Legge di Stabilità sulla crescita sarà "molto
piccolo", di 0,1 o 0,2 punti sul Pil del 2014, scrive il Centro studio
nel rapporto "La difficile ripresa. Cultura motore dello sviluppo". Di
fatto, la manovra è una "occasione mancata".
Il Centro Studi di Confindustria rivede al ribasso le stime del Pil
per il 2013 diffuse a settembre. Nel nuovo scenario è previsto un calo
del Pil dell'1,8% quest'anno contro il -1,6% precedentemente calcolato.
Per il 2014 gli economisti di viale dell'Astronomia prevedono un
incremento dello 0,7% e nel 2015 dell'1,2%. Riguardo al 2013, la
revisione delle stime del Pil "deriva da una variazione congiunturale di
un decimo peggiore nel secondo trimestre (-0,3% contro -0,2%) e nel
quarto (0,2% contro 0,3%)", si legge.
E per la prima volta viene stilato anche uno scenario alternativo,
nel caso in cui le cose dovessero andare peggio. Sulla ripresa economica
soffiano "venti contrari. Se il credit crunch proseguirà nel 2015 e la
debolezza dell'economia renderà necessaria una manovra di un punto di
Pil, nel 2014 il Pil salirà solo dello 0,4% e nel 2015 si avrà una
crescita zero. E' questo lo scenario più negativo per l'economia
italiana simulato dal Centro Studi di Confindustria negli ultimi Scenari
economici.
"Questa simulazione - hanno spiegato gli economisti - tutt'altro che
astratta e ben presente a molti analisti di banche d'investimento
internazionali, suggerisce che occorre rimuovere ogni causa interna di
turbolenza e incertezza e prendere rapidamente decisioni che elevino il
Paese su un più alto sentiero di crescita".
L'andamento dell'economia fa centrare l'obiettivo dei conti pubblici
fissato per il 2014 con il deficit al 2,7% del Pil, non quello per il
2015 (2,4%). Il saldo strutturale non continua ad avvicinarsi al
pareggio (1% del Pil tra due anni), nonostante l'ampio avanzo primario
(4,5% del Pil al netto del ciclo, mezzo punto meno di quanto stimato tre
mesi fa). Questo risultato "è stato ottenuto varando manovre per
complessivi 109 miliardi (6,9% del Pil) dal 2009 in poi. Di cui 3 punti
di maggiori entrate e 3,9 di minori spese".
Il debito pubblico, al netto dei sostegni europei e in rapporto al
Pil, sale ancora nel 2014 (al 129,8%) per poi iniziare a flettere nel
2015 (128,2%); "una flessione tutta dovuta a un punto di privatizzazioni
e dismissioni omogeneamente distribuite".
Preoccupazioni per il tessuto sociale italiano, caratterizzato sempre
di più da continue proteste. "Il pericolo maggiore (che si presenta
nella strada per la ripresa) è il cedimento della tenuta sociale", con
il "montare della protesta che si incanala verso rappresentanze che
predicano la violazione delle regole e la sovversione delle
istituzioni". "Basta poco perché gli eventi prendano una piega
infelice". Il destino dell'Italia "si ripete, con il coagularsi di
importanti gruppi politici anti-sistema".
Sulla pressione fiscale, questa scenderà marginalmente al 43,9% nel
2014 dopo aver toccato il record nel 2013 con il 44,3% di Pil. (wsi)
FONTE: ilnord.it
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